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Il rione Sanità nel secondo dopoguerra era "governato" dai cosiddetti "guappi", figure che non hanno nulla a che vedere con gli attuali camorristi. Il dominio territoriale era basato sulla "loro giustizia", difendevano a modo loro la causa dei poveri, degli ignoranti e sistemavano faccende di rivoltelle facendo anche uso della forza se ci fosse stata necessità.

Eduardo De Filippo in una sua commedia "Il Sindaco del rione Sanità" ci parla di uno di questi uomini: Antonio Barracano. In un intervista Eduardo disse: "Il protagonista della commedia trae spunto da un personaggio vero, si chiamava Luigi Campoluongo. Era un pezzo d'uomo bruno. Teneva il quartiere in ordine. Venivano da lui a chiedere pareri su come si dovevano comporre vertenze nel rione Sanità, e lui andava. Questi Campoluongo non facevano la camorra, vivevano del loro mestiere, erano mobilieri". Eduardo parlava sempre con assoluto rispetto di questo personaggio, il quale si metteva sempre in prima fila a tutte le "prime" delle sue commedie e poi andava a salutarlo personalmente nel camerino. Di Campoluongo erano grandi amici Totò, De Sica, Nino Taranto ed altri, i quali ricevevano una protezione particolare ogni qual volta dovevano girare un film a Napoli.

Di seguito la toccante testimonianza della figlia di Campoluongo, Luisa.

"Nascere in una famiglia come la mia, significava attirarsi un profondo e sentito rispetto da parte di tutti gli abitanti della Sanità. La mia infanzia fu caratterizzata dalla presenza autoritaria di mio padre, con il quale si poteva parlare molto poco, aveva sempre ragione lui. Ricordo che da piccola un giorno misi un po' di rossetto, quando mio padre se ne accorse mancò poco che non mi uccidesse. La sua forza  però era basata sempre sul suo modo di vedere la giustizia, ogni caso che esaminava dava sempre ragione a chi lui credeva avesse ragione. Anche se un cane aggrediva mia madre, e ciò sarebbe avvenuto in circostanze da dare ragione al cane, non c'erano scusanti: aveva ragione il cane!  Mio padre morì nel 1966.

Io come lui avevo un carattere violento e ribelle, non avevo paura di niente e di nessuno, neanche se armato. Ero molto devota a San Vincenzo Ferreri, ma ciò che mi accadde fu molto particolare. Nel negozio di abbigliamento che avevo in Via Settembrini spesso ricevavamo la visita del fratello Luigi Aragione, il quale con zelo ed affetto ci parlava sempre di Gesù e del Suo amore. Con il mio carattere ribelle reagiva spesso molto male nei confronti del fratello al punto che gli dissi: "Ognuno si tenga il suo dio e basta!". Mio marito, il fratello Gennaro Basile ora con il Signore, nel 1976 accettò Cristo nel suo cuore come personale Salvatore. Due anni dopo nel 78 mia figlia ebbe una grave malattia e l'intervento non dava grosse speranze di sopravvivenza. Io invocai Gesù con tutto il mio cuore ed Egli guarì il suo male. Il chirurgo alla fine dell'intervento le domandò: "Come si sta all'altro mondo? Tu eri praticamente morta!". Risposi prontamente che Gesù aveva fatto il grande miracolo. Così da quel giorno frequentai la comunità di Materdei in Via Malaterra e il Signore mi salvò rendendomi una Sua figliuola. Gloria a Dio!

Oggi a 78 anni sono testimone che Dio ha benedetto e guidato la mia vita e spero col cuore che tale meravigliosa esperienza possano realizzarla anche i miei figli e nipoti.

Vi saluto tutti nell'amore del Signore.       

     
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