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Home » Media » Sermoni del passato » Un invito alla preghiera - John Charles Ryle » III Parte

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Data di pubblicazione : 15/11/2013

 

Un invito alla preghiera

Terza parte


Ma allora dobbiamo aprire tutto il nostro cuore davanti al nostro Medico celeste, per permetterGli di darci il ristoro quotidiano. Vuoi crescere nella grazia ed essere un cristiano devoto? Sii certo che, se lo desideri, non avrai domanda più importante di questa: Preghi?

Ti domando se preghi perché trascurare la preghiera è una delle grandi cause di sviamento, cioè il ritornare indietro, dal punto di vista religioso, dopo aver professato apertamente la propria fede. Gli uomini possono correre bene per un tempo, come i Galati, e poi andar dietro a falsi dottori. Possono essere accaniti sostenitori del proprio credo, essere irruenti, come Pietro, e poi, nell'ora della prova, rinnegare il loro Signore. Gli uomini possono perdere il loro primo amore come gli Efesini, il loro zelo nel fare il bene può smorzarsi, come capitò nel caso di Marco, il compagno di Paolo. Possono seguire un apostolo per un tempo e poi, come Dema, ritornare a vivere seguendo l'andazzo del presente secolo.

Gli uomini possono incorrere in tutte queste cose.

È cosa disdicevole cadere nello sviamento. Tra tutte le cose miserabili che possono capitare a un uomo, suppongo sia la peggiore. Una nave incagliata, un'aquila con le ali spezzate, un giardino infestato da erbacce, un'arpa senza corde, una chiesa in rovina, sono tutte cose tristi a vedersi, ma la vista di uno sviato lo è ancor di più.

Una coscienza ferita, una mente malata di sé, piena di rimpianto, un cuore trafitto dai dardi del Signore, uno spirito rotto da un peso di condanna interiore: tutto questo sa di inferno. Anzi, è l'inferno sulla terra. In verità, il detto del saggio è solenne e grave:   «Lo sviato di cuore avrà la ricompensa del suo modo di vivere, e l'uomo dabbene, quella delle opere sue». Prov. 14:14.

Ma domandiamoci: qual è la causa di gran parte degli sviamenti? Io credo, in linea generale, che una delle principali cause sia la mancanza di preghiera in privato.

Ovviamente la storia recondita di ciascuna caduta non sarà nota che nell'ultimo giorno. Ora io posso soltanto dare la mia opinione, come ministro di Cristo che studia il cuore dell'uomo e il mio parere è che, lo ripeto ancora una volta, lo sviamento inizia generalmente col trascurare la preghiera privata. Bibbie lette senza preghiera, sermoni ascoltati senza preghiera, matrimoni contratti senza preghiera, viaggi intrapresi senza preghiera, abitazioni scelte senza preghiera, amicizie nate senza il supporto della preghiera, l'atto quotidiano della preghiera fatto in fretta, oppure senza cuore: sono questi i passi a ritroso compiendo i quali molti credenti giungono a una condizione di paralisi spirituale, oppure toccano il punto in cui Dio permette loro di affrontare una tremenda caduta.

Questo è il processo che genera gli esitanti Lot, gli instabili Sansone, gli idolatri Salomone, gli incoerenti Asa,  gli accomodanti Giosafat, le affaccendate Marta, di cui così tanti esempi esistono nella chiesa di Cristo. Spesso la storia di tali casi è semplice: erano diventati negligenti nella preghiera privata.

Siate più che certi del fatto che gli uomini cadono nel privato molto prima che in pubblico. Sono sviati sulle loro ginocchia prima di esserlo apertamente agli occhi del mondo. Come Pietro, prima ignorano l'avvertimento del Signore di vegliare e pregare e poi, come Pietro, la loro forza li abbandona e, nell'ora della tentazione, rinnegano il Signore. Il mondo prende atto della loro caduta, e li beffa ad alta voce. Ma il mondo non ne conosce la vera causa. I pagani sono capaci di far offrire incenso a un idolo a un noto cristiano, minacciandolo di una punizione peggiore della morte. Poi trionfano grandemente nel vedere la sua vigliaccheria e apostasia. Ma non sapevano il fatto di cui ci informa la storia, che quella mattina stessa, egli aveva lasciato la sua camera da letto frettolosamente, senza fare le sue consuete preghiere.

Se tu sei un cristiano, spero non diventerai mai uno sviato. Ma se non vuoi essere un cristiano sviato, ricorda, la domanda resta sempre: preghi?

In ultimo, ti chiedo se preghi perché la preghiera è uno dei migliori mezzi per ottenere felicità e appagamento. Viviamo in un mondo in cui la sofferenza trabocca e, d'altronde, è sempre stato così da quando il peccato è entrato in esso. Ora, non può esserci peccato senza dolore. E fino a che il peccato non sarà scacciato dal mondo, è vano per chiunque pensare di poter sfuggire alla sofferenza. Alcuni, indubbiamente, bevono una coppa di dolore più grande di quella di altri. Ma sono pochi quelli che vivono senza sofferenze o preoccupazioni di sorta. I nostri corpi, le nostre possessioni, le nostre famiglie, i nostri bambini, le nostre relazioni, i nostri servi, i nostri amici, i nostri vicini, i nostri impegni secolari, ciascuno e tutti sono fonte di varie preoccupazioni.

Malattie, lutti, perdite, delusioni, distacchi, separazioni, ingratitudine, maldicenze, sono tutte cose normali. Non possiamo pretendere di vivere senza che ci tocchino: prima o poi ci colpiranno. Più grandi sono i nostri affetti, più profonde sono le nostre ferite e più amiamo, più dovremo piangere.

Qual è dunque il miglior sistema per godere un po' di felicità in un mondo come questo? Come possiamo attraversare questa valle di lacrime patendo il minor dolore possibile? Io non conosco mezzo migliore che la regolare e abituale consuetudine di portare tutto a Dio in preghiera. Questo è il chiaro consiglio che la offre la Bibbia, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento. Come dice il salmista?

« Invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai» (Sal. 50:15);

«Getta sul Signore il tuo affanno, ed egli ti sosterrà; egli non permetterà mai che il giusto vacilli» (Sal. 55:22).

 E l'apostolo  Paolo?  «Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti.  E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù» (Fil. 4:6-7). E l'apostolo Giacomo? «C'è tra di voi qualcuno che soffre? Preghi. C'è qualcuno d'animo lieto? Canti degli inni» (Giac. 5:13).

Questo era il metodo di tutti i santi la cui storia è menzionata nelle Scritture. Questo è ciò che fece Giacobbe, quando temette suo fratello Esaù. È ciò che fece Mosè, quando il popolo stava per lapidarlo, nel deserto. Questo fece Giosuè quando Israele fu sconfitto davanti agli uomini di Ai. Questo fece Davide quando fu in pericolo a Cheila. Questo fece Ezechia quando ricevette la lettera da Sennacherib. Questo fece la chiesa quando Pietro fu incarcerato. Questo fece Paolo quando fu gettato in prigione a Filippi. L'unico modo per essere veramente felice in un mondo come questo è gettare tutte le nostre angustie su Dio.

Spesso i credenti sono tristi perché cercano di portare i propri pesi. Se essi raccontassero le loro difficoltà a Dio, Egli li metterebbe in condizione di portarli con la stessa facilità con cui Sansone trasportò le porte di Gaza. Se decideranno di portarli da soli, un giorno scopriranno che finanche una cavalletta è un peso. C'è un amico che aspetta sempre di aiutarci, se Gli confessiamo il nostro dolore, un Amico che provò pietà per il povero, per il malato e per il sofferente quando era sulla terra, un Amico che conosce il cuore dell'uomo poiché visse trentatre anni come uomo tra noi, un Amico che può piangere con chi piange, giacché fu uomo di dolore e familiare col patire, un Amico che è in grado di aiutarci, perché mai ci fu sofferenza terrena che Egli non poté lenire. Quell'Amico è Gesù Cristo. Il modo per essere felici è aprire sempre i nostri cuori a Lui. Oh, fossimo tutti come quel povero cristiano che, a chi che lo minacciava e lo perseguitava, rispose soltanto "Devo dirlo al Signore!".

Gesù può rendere felici tutti quelli che sperano in Lui e Lo invocano, qualunque sia la loro condizione esteriore. Egli può dare la pace del cuore in un carcere, appagamento nella ristrettezza, conforto nel lutto, gioia in punto di morte. In Lui c'è una potente pienezza a disposizione di tutti i membri del suo Corpo, una pienezza pronta per essere riversata su chiunque la chieda in preghiera. Oh, l'uomo che capisce tale pienezza non dipende dalle circostanze esterne, ma dallo stato del proprio cuore.

La preghiera può alleggerire croci per noi pesanti, può portare affianco a noi Uno che ci aiuterà a sopportarle. La preghiera può aprirci una porta laddove la nostra via sembra sbarrata. Può far abbassare Uno che ci dirà: "Questa è la via, cammina per essa". La preghiera può far penetrare un raggio di speranza quando tutte le nostre prospettive terrene sembrano avvolte dalle tenebre. Può farci avvicinare da Uno che dirà: "Io non ti lascerò e non ti abbandonerò". La preghiera può darci consolazione quando la morte ghermisce i nostri cari, e il mondo ci appare vuoto. Può far muovere Uno in grado di riempire il vuoto nei nostri cuori con la sua presenza, e che può dire alle onde interiori, "Acquetatevi; state calme". Ah, se gli uomini non fossero come Agar nel deserto, che non vide il pozzo d'acqua viva poco distanti da lei.

Io voglio che tu sia felice e quindi sono convinto di non poterti chiedere una domanda più utile di questa: preghi?

E ora per me è giunto il tempo di concludere questo discorso. Spero di averti esibito argomenti sui quali rifletterai attentamente. Prego Dio con tutto il cuore che questa tua considerazione possa essere benedetta per l'anima tua.

Mi sia concesso di dire una parola di saluto a quelli che non pregano. Non oso supporre che tutti quelli che mi hanno ascoltato siano persone che pregano, ma se sei uno di quelli che non prega, permettimi di parlarti in questo giorno da parte di Dio.

Caro amico che non preghi, io posso soltanto metterti in guardia, ma voglio farlo nella maniera più solenne. Ti avverto: sei una posizione di serio pericolo. Se tu morissi nella tua attuale condizione, saresti un'anima perduta. Risorgeresti solo per essere un eterno miserabile. Io avviso tutti voi che vi reputate cristiani: siete assolutamente senza scuse. Non c'è una sola buona ragione che possiate presentare per vivere senza preghiera. È inutile dire che non sapete come pregare. La preghiera è l'atto più semplice di tutta la religiosità: è semplicemente parlare a Dio. Non c'è bisogno né di istruzione particolare, né di sapienza né di conoscenza per poter iniziare a pregare. Non c'è bisogno di altro che di cuore e di volontà. Il più debole neonato è in grado di gridare quando ha fame e il più misero dei mendicanti sa stendere la sua mano per chiedere l'elemosina: egli non aspetta di mettere insieme belle parole. Il più illetterato troverà qualcosa da dire a Dio, basta che abbia una mente.

Ma è inutile anche dire che non hai un posto appropriato dove pregare. Chiunque può trovarsi un angolino abbastanza riservato, se vuole. Il nostro Signore pregò su una montagna, Pietro su una soffitta, Isacco nei campi, Natanaele sotto un fico, Giona nel ventre di un pesce. Qualunque posto può diventare una cameretta, un oratorio, una Betel, e farci ritrovare nella presenza di Dio.

È inutile dire che non hai tempo.

 C'è abbondanza di tempo, se gli uomini vogliono. Il tempo può essere breve, ma è sempre abbastanza lungo per pregare. Daniele aveva nelle sue mani gli affari di tutto il regno, eppure pregava tre volte al giorno. Davide era sovrano di una potente nazione, eppure dice: «La sera, la mattina e a mezzogiorno mi lamenterò e gemerò, ed egli udrà la mia voce» (Sal. 55:17). Quando veramente si desidera avere del tempo, lo si può sempre trovare.


Fine terza parte


 

     
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