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Data di pubblicazione : 18/04/2014

 

OSSERVARE

שָׁמַר

(SHAMAR)


La parola ebraica tradotta "osservare" è shamar; è composta dalle tre lettere shin-mem-resh. Molti, leggendo questo verbo in passi biblici come Es. 19:5, finiscono per considerarlo fondamentalmente un sinonimo di "fare" o "ubbidire". Nella mente di Dio non è proprio così. Vediamo infatti, in questi altri esempi versetti biblici dove ricorre la parola shamar, che la traduzione "fare" o "ubbidire" non si adatta bene al testo: Gen. 2:15 ("Dio il SIGNORE prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse [sham'rah]; Num. 6:24 ("'Il SIGNORE ti benedica e ti protegga [w'yish'm'reak)!"]; Sal. 17:8 ("Abbi cura [sham'reni] di me come la pupilla dell'occhio, nascondimi, all'ombra delle tue ali"); Sal. 25:20 ("Proteggimi [sham'rah] e salvami; fa' che io non sia confuso, perché in te confido"). Si veda anche Gen. 4:9, dove Caino si rivolge a Dio dicendogli: "Sono forse il guardiano (hasomer) di mio fratello?". Qui shamar significa difendere, custodire, essere guardiano e richiama il vigilare su un gregge, sul proprio cuore, sulla propria mente, su una nazione o su una città per impedire attacchi esterni o influenze negative. L'immagine evocata da shamar è quella di un pastore giunto in un luogo desertico che, in vista della notte, circonda accuratamente il gregge con una siepe protettiva di spine e rovi, per tener lontano i malintenzionati e le bestie selvatiche.

Shamar è pertanto molto più che "osservare", in quanto comunica anche i significati di "guardare", "badare", "preservare", ecc. Forse le espressioni che meglio illustrano il termine sono custodire gelosamente, tenere caro, ritenere prezioso. Quello che teniamo in maggiore considerazione lo custodiamo più gelosamente e con maggiore impegno. In Es. 19:5, gli israeliti che osservano [custodito con cura, protetto, tenuto caro] il patto di Dio, diventano il suo סְגֻלָּה (segullah, tesoro particolare).

Shamar è una delle parole che gli ebrei usavano frequentemente per indicare come Jahwè protegge dai loro nemici quelli che Lo amano; appare spesso nel Salmo 121 e denota la protezione scrupolosa, onnicomprensiva, costante e permanente del Creatore verso i suoi figli.

Uno dei due termini greci più importanti corrispondenti a שָׁמַר (shamar) è τηρέω (tereo), che significa avere attenta cura; può essere tradotto anche mantenere intatto, preservare, osservare, prestare attenzione, tenere sotto sorveglianza, tenere in custodia, ecc. Esprime un senso di protezione, di interessamento, di assistenza. Tereo evidenzia l'esito culminante (il preservare fino all'ultimo), mostrando alla fine ciò che è stato custodito con successo. Implica efficiente e tenace impegno nel proteggere, non solo il semplice vigilare. Letteralmente, nell'antichità era usato per designare una guardia che sorvegliava con "occhio vigile" per garantire la sicurezza finale dei prigionieri. È anche usato per indicare il dovere che ciascun credente ha di portare a termine ciò che il Signore ha prodotto in lui per mezzo della fede, sfumatura che cogliamo, ad esempio, in 2 Tim. 4:7: Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato (τετήρηκα, tetereka) la fede.

Un altro termine greco equivalente all'ebraico שָׁמַר (shamar) è φυλάσσω (filasso), da φύλαξ (filax, sentinella): significa esercitare una vigilanza continua come una guardia militare. Evoca la tecnica militare della falange, usata dagli antichi greci. Gli scudi dei guerrieri, incastratisi l'uno con l'altro, creavano un impenetrabile riparo che permetteva alla fanteria di avanzare vittoriosamente, anche sotto la pioggia delle frecce avversarie. Allo stesso modo, Dio offre ai credenti che si mostrano soldati ubbidienti, la sua protezione. Altro termine collegato a questo verbo è φυλακή (filakè), che significa veglia, specialmente di notte.

Troviamo questo verbo in Luca 11:28, dove Gesù dice: Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (φυλάσσοντες)! In ebraico, le parole usate da Gesù sarebbero: Beati piuttosto quelli che ascoltano (hashom'`iym, odono, ubbidiscono) la parola di Dio e la mettono in pratica (w'hashom'riym, custodiscono, tengono cara).

Qui, la versione italiana, come quella inglese, non rende la vera essenza delle parole di Gesù: non basta udire la Parola di Dio e ubbidire ai comandamenti di Dio. L'ascoltare deve produrre un effetto, essendo seguito da azioni che manifestino ubbidienza. Il Signore Gesù impiega questo termine in Giov. 17:12: Mentre io ero con loro, io li conservavo nel tuo nome; quelli che tu mi hai dati, li ho anche custoditi (ἐφύλαξα, efylaxa).

Concludendo, tereo mette in evidenza lo stato finale del mantenere intatto, cioè del presentare inalterato, alla fine, ciò che ci era stato affidato, mentre filasso sottolinea la perseveranza (il vigilante prendere cura) nel non perdere di vista. È uno stare in guardia che protegge costantemente ciò che è stato affidato allo scopo di garantirne la continua sicurezza.

     
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