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Geografia Storica della Bibbia 

LA CITTA' DI LAODICEA (2° parte)

Moneta coniata a LaodiceaFatto ancor più interessante per lo studente biblico, Laodicea era famosa per la sua fiorente scuola medica, specializzata nella preparazione di due preparati terapeutici, la "polvere frigia" (tefra frugia, tefra frighia), un impiastro che si applicava sugli occhi, esportato sotto forma di morbidi panetti in tutto il bacino del Mediterraneo, e un unguento per le orecchie, a base di nardo. Grazie al volume di affari prodottosi a Laodicea, la città divenne sede di cospicue operazioni bancarie: era praticamente la banca della regione, ricca e orgogliosa del benessere economico raggiunto; aveva persino una propria zecca. Ritrovamenti archeologici in loco testimoniano il politeismo dei laodicesi: in uno scavo condotto in zona, tra gli altri reperti, è stata rinvenuta una moneta su cui è incisa una figura femminile dal capo turrito (cioè avente una corona con torri), raffigurante Laodicea che regge nella mano destra una patera (coppa usata per versare liquidi durante i sacrifici pagani) e nella mano sinistra una statuetta di Giove laodicese.  Su un lato della figura femminile appare un capro (in greco KAPROˆ, Capros, uno dei due fiumi che scorrevano presso la città) e sull'altro un lupo (in greco lucoˆ21, Licos, l'altro fiume). La moneta risale al 211 d.C.

Altri reperti rinvenuti a Laodicea indicano che, oltre a Giove, vi si adoravano anche Esculapio (nome latino del dio greco della medicina Asclepio), Apollo e gli imperatori. Nei pressi di Laodicea c'era anche un famoso tempio dedicato al dio lunare Men Karou, dio primordiale della valle, il cui santuario rappresentava un centro amministrativo, commerciale e religioso. Sotto l'egida di questo dio si teneva un mercato, forse all'interno del cortile del tempio, presso il quale la gente della valle si incontrava e trafficava.

L’acqua bollente proveniente dalle fonti di GerapoliNonostante la ricchezza raggiunta, Laodicea per il proprio approvvigionamento idrico dipendeva dalle sorgenti  termali di Gerapoli, distanti circa 6 miglia a sud della città, e da quelle di Colosse, a 11 miglia a ovest. Fonti antiche affermano esplicitamente che l'acqua di Laodicea era piena di sedimenti minerali (Strabone, Geogr., XIII, 4, 14; Vitruvio, De Architectura, VIII, 3); per tentare di ovviare all'inconveniente, gli ingegneri romani installavano dei filtri che limitavano l'accumulo di calcare, evitando che le tubature si otturassero. Per ridurre al minimo le probabilità che queste scoppiassero, si cercava di dare al flusso idrico una velocità uniforme, con vari sistemi di incanalamento e trasporto, come la creazione di archi. L'acqua bollente proveniente dalle fonti di Gerapoli si intiepidiva durante il percorso verso Laodicea, ma i depositi calcarei che conteneva le davano un sapore sgradevole. L'acqua con carbonato di calcio ha un cattivo sapore e ha prosperità emetiche. Viceversa, le fresche acque sorgive di Colosse, provenienti dal vicino monte Cadmo, quando raggiungevano Laodicea, avevano perso la freschezza e quindi erano prive delle loro proprietà dissetanti.

Il termine greco, zestoj (zestos) significa "caldo", "bollente". La parola si riferisce pertanto all'acqua che sgorga dalle fonti termali, la cui temperatura generalmente si aggira  intorno ai 95° e più. L'acqua termale è dotata di alcune caratteristiche terapeutiche:

  • allevia i dolori e l'intorpidimento artritico.
  • riduce gli spasmi muscolari e altera la percezione del dolore, riducendo la tensione fisica.
  • stimola la circolazione, aumentando la salute di tutti i tessuti del corpo attraverso una migliore ossigenazione e nutrimento delle cellule.
  • i suoi vapori inalati sciolgono i muchi, alleviano congestioni e sinusiti, liberano le vie respiratorie.
  • accelera il metabolismo corporeo, stimolando il tratto intestinale e del fegato e favorendo la digestione.
  • stimola il sistema immunitario
  • può contribuire a favorire la sensazione di benessere fisico e psicologico.

La città venne successivamente eretta capitale del conventus cibyratico (Cicerone, Ad Fam., III, 7; IX, 25; XIII, 54, 67; In Verr., I, 30) il distretto politico sede del proconsolato della provincia e centro vitale per la riscossione dei tributi dalle città dipendenti. Dopo varie vicissitudini, al principio del XIV sec. cadde in mano ai turchi e da allora questo cumulo di detriti rimane "infelice fra tutti, miserabile, povera, cieca e nuda". A detta di alcuni visitatori dell''800, nessuna delle sette chiese dell'Apocalisse giace così desolata e in rovine come Laodicea, rovine che tuttavia lasciano intravedere lo splendore e la bellezza di un tempo: i suoi tre teatri, l'immenso circo capace di ospitare oltre trentamila spettatori, i cui resti possono tuttora essere ammirati, testimoniano la passata grandezza e il benessere di Laodicea. La sua tragedia è ben riepilogata nelle parole rivolte dal Signore all'angelo della sua chiesa: tiepida, né fredda, né fervente e quindi nauseante agli occhi di Dio.

 

La città di Laodicea (1° parte)

 


Testi specifici consultati:

1.       Commentary on the Epistles to the seven churches in Asia: Revelation II. III, di R. C. Trench

2.       La Terra Santa ed i luoghi illustrati dagli apostoli, di Adrien Egron

3.       Ruins of Ancient Cities, 2 voll., di Charles Bucke

4.       The making of the New Testament documents, di Edward Earle Ellis

5.       The Cities and Bishoprics of Phrygia, 2 voll., di W. M. Ramsay

6.       The Holy Land of Asia minor, di F.E. Clark

7.       The Revelation of John: Chapters 1 to 5, di William Barclay

8.       Revelation, di Catherine Gunsalus González e Justo L. González

9.       Because the Time Is Near, di John MacArthur

10.   The Book of Revelation, di Robert H. Mounce

11.   Commentary on the Apocalypse of St. John, di Pierre Prigent

12.   Seven Deadly Spirits: The Message of Revelation's Letters for Today's Church, di T. S. Daniels

13.   A guide to biblical sites in Greece and Turkey, di Clyde E. Fant,Mitchell Glenn Reddish

14.   A critical and exegetical commentary on the Revelation of St. John, di R. H. Charles

 

 

Opere di carattere generale consultate:

1.       The Bible cyclopedia, 2 voll., a cura di John Parker Lawson

2.       Catholic encyclopedia, 16 voll., AA.VV.

3.       Dictionary of the Bible, 4 voll., a cura di W. Smith

4.       Cyclopaedia of Biblical, theological, and ecclesiastical literature, a cura di J. M‘Clintock e James Strong, vol. V, pag. 236-237

5.       Encyclopaedia Biblica, a cura di T.K. Cheyne e J. S. Black, vol. III, pag. 31

 


Ubicata, secondo Strabone (Geogr., XII, 8, 20) nelle vicinanze del tempio del dio lunare Men Karou. Due dei suoi direttori furono Zeusi e il suo successore Alessandro detto Filalhqhj (filaletes, amico della verità).

La parola tefra (tefra) è usata in 2 Pietro 2:6, dove è tradotta "cenere"

Greco collurion, collirion. È il diminutivo di collura, anticamente un lungo rotolo di pane grossolano, forse a base di  orzo, che si portava in viaggio.

Il preparato è menzionato anche da Aristotele e da Galeno (De sanitate tuenda, VI, 12), famoso medico del II secolo d.C., il quale spiega che si trattava di una tavoletta fatta con pietra frigia. Aristotele lo chiama polvere frigia. Molto probabilmente le due denominazioni si riferiscono alla stessa cosa: Galeno parla della sostanza con cui era fatto il preparato, mentre Aristotele riferisce la forma che le si dava per produrre il medicamento.

Nome scientifico Nardostachys jatamansi. Si tratta di un'erba aromatica della famiglia della valeriana. Non si sa bene a cosa servisse questo unguento.

Lo stesso Cicerone, nel 51 d.C., mentre era in viaggio per la Cilicia, fece delle operazioni bancarie nella città (puto me Laodiceae fore; perpaucos dies, dum pecunia accipitur, quae mihi ex publica permutatione debetur, Cicerone, Ad Famil., III,5) , dove risiedé alquanto tempo, essendo governatore della provincia.

La S (sigma, la lettera s in greco) finale di questi due  nomi è il cosiddetto sigma lunato, che aveva la forma della lettera C.

Gerapoli era nota per le sue fonti termali che, sgorgando dall'interno della città, scorrevano attraversando un vasto altopiano, andando a spandersi sull'ampio declivio antistante Laodicea.

Gli archeologi hanno scoperto l'acquedotto principale che sboccava a Laodicea, di cui  sono ancora visibili parecchie miglia.

Durante il IV e il V sec. a.C., Colosse, le cui sorgenti erano rinomate per la freschezza e limpidezza delle loro acque, fu un'importante e ricca città. Durante il periodo ellenistico prima, e quello romano poi, venne però eclissata da Laodicea e da Gerapoli.

Pamukkale (l'antica Gerapoli) è oggi assai rinomata sia per il suo patrimonio culturale ed archeologico, sia per la bellezza ed unicità del paesaggio naturale, costituito da caratteristiche formazioni calcaree bianche, disposte lungo il pendio che scende verso la sottostante vallata: si tratta di depositi creati da acque termali calde, a seguito di un processo di rapida deposizione e sedimentazione, già noto nell'antichità e tuttora in corso (Ruggiu, Cottica, Hierapolis di Frigia fra tarda antichità ed XI secolo: apporto dello studio degli spazi domestici nell'insula 104, pag. 140).

Cioè che provoca emesi, ossia vomito.

è l'opposto di yucroj (psicros), "fresco", "freddo".

Il conventus era una giurisdizione amministrativa dell'impero romano. Quello cui apparteneva Laodicea era il Conventus Cibyraticus dell'Asia (da Cibyra magna, importante città della Frigia. Moore E., The works of Horace: with English notes, and a life of Horace, pag. 406) comprendeva non meno di 25 città; sono state ritrovate varie iscrizioni in cui Laodicea è chiamata "la metropoli". La parola greca equivalente al latino conventus, dioikhsij (dioikesis, da cui la nostra diocesi), successivamente passò a designare un distretto ecclesiastico.

I turchi la chiamano Eski-hissar, "castello vecchio".

Un viaggiatore del secolo scorso ha scritto che è abitata soltanto da lupi, sciacalli e volpi, oltre a qualche sporadico turcomanno che pianta le proprie tende nei presi del suo spazioso anfiteatro. Un altro scrittore ha detto che "non c'è un solo cristiano che abiti a Laodicea, che è ancor più desolata di Efeso...". Cfr. W.J. Hamilton,  Researches in Asia Minor, Pontus and Armenia, vol. 1, pag. 515.

 

     
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