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Storie di fede….

La famiglia Remoli - Palma

 

Tra i principali pionieri del Risveglio Pentecostale Italiano un posto di primo ordine lo merita sicuramente Michele Palma. Nato a Torremaggiore (Foggia) nel 1884. Nel 1909 emigrò a Chicago dove trovò lavoro come decoratore presso una grande ditta. Quivi conobbe Massimiliano Tosetto il quale gli annunciò il messaggio dell’Evangelo e lo invitò a partecipare ad una riunione di culto. Si convertì e nel 1912 il Signore lo battezzò nello Spirito Santo. Si unì in matrimonio con Caterina Gardella (1885-1958), una credente di grande spiritualità che fu la sua fedele collaboratrice nel ministero cristiano. Nel 1914 fu nominato anziano della Assemblea Cristiana di Chicago. Nel 1920 fu chiamato da Giuseppe P. Beretta come pastore della comunità di Syracuse New York della quale fu pastore per ben 38 anni. Ricoprì incarichi ufficiali nell’ambito del Movimento italo-americano. Nel 1928 lo troviamo in Italia a presiedere l’assemblea costitutiva del Movimento e nel 1948 per ristabilire i rapporti con le chiese italo-americane dopo il secondo conflitto mondiale. Grazie al lavoro che egli svolse insieme a Tosetto nacque anche l’innario con canti in italiano per tutti i credenti italiani nel mondo, l’attuale nostro “Inni di lode” è una versione aggiornata e ampliata di quella che fu pubblicata nel 1958 poco dopo la morte di Tosetto. 

Palma fu eletto sorvegliante della Chiesa Cristiana del Nord America. Morì il 10 ottobre 1963 nel giorno del suo 79° compleanno.

Dal matrimonio di Michele e Caterina nacquero 8 figli: Lea, Alfredo, Eduardo, Eugenio, Leonardo, Lidia, Paolo ed Elena.

Quattro figli dei coniugi Palma sono stati impegnati nel ministero cristiano: Alfredo (1914-1993), Eugenio e Paolo impegnati nel ministero pastorale e Lea nel lavoro missionario e nella scuola domenicale.

Lea e RinaldoIl giorno 18 luglio 2003 abbiamo avuto la bella opportunità di poter raccogliere le edificanti testimonianze dei coniugi Rinaldo Remoli e Lea Palma, ospiti del fratello Stefano D’Alessandro, per ministrare la Parola del Signore nelle chiese di Casalnuovo e di Pomogliano d’Arco (NA). Abbiamo chiesto alla sorella Lea, figlia di Michele Palma e Caterina Gardella, di raccontarci come arrivò in Italia la testimonianza Pentecostale, la stessa storia che raccontò al Palamaggiò di Caserta in occasione del 90° anniversario dalla nascita del Movimento Pentecostale. Ecco cosa ci ha detto:

Nel 1897 i fratelli si radunavano in una chiesa valdese e durante una preghiera il fratello Giuseppe Beretta cominciò a parlare in lingue sconosciute. Nessun fratello sapeva cosa fosse questa esperienza, così spaventati lo condussero d’urgenza in farmacia per trovare un farmaco per questa strana malattia. 10 anni dopo nel 1907 con la prima effusione di Spirito Santo in una chiesa italiana ricordarono l’evento e compresero il significato di quella esperienza. Beretta dopo l’esperienza della Pentecoste annunciò l’Evangelo ad est di Chicago, precisamente ad Holley New York. Quivi testimoniò ad un uomo il quale gli rispose: “Se ti metti ad arare la mia terra al posto dei buoi io ti crederò”. Beretta fece quel che chiedeva quest’uomo e il Signore lo salvò e in quella zona si svilupparono numerose chiese. Ttornato a Syracuse, Beretta trovò 8 italiani che si erano convertiti e  si radunavano nel locale di culto dei presbiteriani. Con grossi sacrifici i fratelli riuscirono a comprare dai presbiteriani il locale. Così Beretta si ricordò di mio padre a Chicago che aveva 35 anni e gli scrisse una lettera dove c’era scritto: “Vi fo sapere che il Signore nella Sua grande benignità qui in Syracuse ed in questi dintorni ha fatto un’opera meravigliosamente grande, avendo chiamato un grande popolo a se…a questa opera gia da lungo tempo tengo voi davanti, ed ora mi sento proprio sospinto di manifestarvi questa cosa”.

In quel tempo la chiesa non aveva un solo anziano come oggi, ma quattro, ed erano: Ottolini, Menna, Francescon e Menconi. Mio padre fece la proposta agli anziani i quali pregarono per lui e nel 1919 si trasferì per curare la chiesa di Syracuse New York. Il Signore ha grandemente operato ed ancora oggi esiste tale comunità.

A portare la testimonianza Pentecostale in Italia per primo fu Giacomo Lombardi. Egli senti la chiamata da parte del Signore ad andare in Italia, così prese tutti i suoi risparmi: 500 dollari e li diede agli anziani per prendersi cura della sua famiglia. Arrivò alla stazione e fece una preghiera dicendo “Signore tu sai che non ho denaro, se tu vuoi che vada in Italia ti prego mandami tu i soldi”. Mentre elevava questa preghiera un uomo gli si avvicinò e gli diede una busta con il denaro sufficiente per prendere il treno. Lo stesso miracolo avvenne prima di prendere la nave che lo avrebbe condotto a Napoli. A Napoli chiese un passaggio per Roma. Andò a casa di un amico Ignazio Rocchi e li fecero una riunione dove il Signore battezzò nello Spirito Santo i primi credenti in Italia. Passeggiando per Villa Borghese a Roma, Lombardi incontrò un uomo al quale gli disse di avere un messaggio da parte di Dio, quest’uomo che si chiamava Sforza gli rispose che non avrebbe mai cacciato un uomo che veniva a lui da parte del Signore, Lombardi gli annunciò la salvezza e questo signore accettò Cristo come personale Salvatore, poco dopo morì. Pian piano si costituì un nucleo di credenti e il resto della storia la conoscete bene tutti. Nel 1910 c’erano tre comunità pentecostali”.

Dopo questa importante parentesi storica sulla testimonianza Pentecostale in Italia, possiamo passare alle testimonianze personali dei coniugi Remoli, il primo a raccontarci la sua testimonianza sarà il fratello Rinaldo:

“Sono nato in una famiglia composta da 9 figli, 6 maschi e 3 femmine, originaria di Smerillo un piccolo comune in provincia di Ascoli Piceno che all’epoca contava circa una quarantina di abitanti.

Mio fratello di ritorno dalla guerra in Abissinia, si trovò di fronte al problema della mancanza di lavoro e decise di trasferirsi a Roma. A Roma incontrò un credente che lo prese a lavorare con se come autista, la domenica lo invitò in chiesa al culto che si celebrava alle tre del pomeriggio. Durante il culto il Signore parlò al suo cuore ed Egli lo accettò come personale Salvatore. In seguito si fidanzò con la cognata del padrone. Al matrimonio andò mio padre, mia madre e i miei fratellini, io ero un bambino molto piccolo. A mio padre piacque molto la chiesa e la funzione e il Signore lo salvò insieme a mia madre.

Tornato al paese, non riuscivamo a comprendere cosa fosse successo nella sua vita, perché prima di andare al matrimonio egli ci picchiava, beveva, bestemmiava ed ora invece pregava, lodava il Signore e leggeva la Bibbia ogni giorno.

Nel paese venne un missionario di nome Franco Sforza e centinaia di persone ascoltavano i suoi sermoni. Il prete cominciò una vera e propria guerra contro questi neo protestanti, organizzando processioni. A 19 anni servivo la messa, ma lo Spirito Santo sussurrò nel mio cuore un rimprovero facendomi comprendere che la verità era quella che professava mio padre. Così lasciai la chiesa ed il prete e cominciai a servire il Signore. Il prete venne a visitarmi chiedendo le ragioni del mio abbandono, io gli risposi che dopo tanti anni di attività e di servire messe, la chiesa Cattolica mi avrebbe mandato in Purgatorio, mentre la Bibbia dice che Gesù vuole portarci in cielo. Lui ancora cercando di dissuadermi mi disse che mio padre era uscito pazzo, ma io in mio padre vedevo un reale cambiamento.

Andai a Roma ad una campagna evangelistica del fratello Herman Parli dalla Svizzera e il Signore mi salvò, cambiando anche la mia vita.

Vennero poi le terribili persecuzioni fasciste proprio nel periodo che facevamo le riunioni di culto sulle case.

Una sera i genitori del fidanzato di mia sorella vennero a cenare a casa. Prima di metterci a tavola espressi il desiderio di andare ad un culto che si celebrava in una casa. Decidemmo di andare e poi di ritornare a cenare con loro. Quel giorno la polizia ci arrestò mentre pregavamo e lodavamo il Signore con le mani alzate, eravamo circa 350 persone, con i fratelli Umberto Nello  Gorietti e Roberto Bracco. Prelevarono i documenti di tutti, ma io ero piccolo e non li avevo ancora e come me i fratelli Francesco Toppi e Paolo Arcangeli. I poliziotti a cavallo, con il fucile puntato contro ci sequestrarono le Bibbie, i cantici e ci condussero in caserma alle Fosse Ardeatine. Li ci misero su dei camion che ci avrebbero condotto a Regina Coeli. Tutti ci guardavano come se fossimo dei criminali. Sul camion mentre raggiungevamo il carcere i fratelli intonarono l’inno che dice “Salvati siamo, non più timore, per questa strada si giunge al cielo”, all’ascolto di queste parole la polizia ci derise dicendo che la strada non conduce al cielo ma al carcere. Il fratello Bracco rispose che spesso la strada che conduce al cielo passa anche per il carcere.

Nel camion Toppi, Arcangeli ed io pensavamo che non avendo consegnato i documenti potevamo scappare, così ci buttammo giù dal camion e scappammo da “buoni italiani”. Arrivammo a casa ed avvisammo tutti i parenti dei fratelli. Questi fratelli rimasero in carcere fino alla caduta di Mussolini, alcuni furono portati al confino di polizia, qualcun altro fu addirittura trucidato dai fasci-nazisti. Coloro che rimasero in galera anche nel caos della caduta del Fascismo, non lasciarono la prigione, se non quando i gendarmi glielo imposero.

Nel frattempo continuarono le riunioni di casa in casa ed in una di queste riunioni il Signore mi battezzò nello Spirito Santo.

Nel mio cuore c’era il vivo desiderio di essere missionario, anche se non avevo alcun mezzo finanziario per sostenermi.

Conobbi mia moglie Lea Palma, la quale era molto attiva nell’opera del Signore, lavorando nella scuola domenicale. Così mentre lei scese in Sicilia ci scrivemmo per raccontarci del lavoro che svolgevamo. La nostra storia si fece seria. Mio fratello Marino si sposò ed io chiesi a Lea di sposarmi così avremmo celebrato un'unica funzione. Ci sposammo e dopo le nozze Lea tornò in Sicilia per curare la scuola domenicale, io invece rimasi a Roma per collaborare con il Villaggio Betania. Lea si trasferì poi a Napoli, sempre per curare il lavoro della scuola domenicale, io la raggiungevo il sabato sera e il lunedì ritornavo a Roma. Vivevamo sicuramente una vita disagiata, separati e lontani, ma il Signore ci benediceva anche in questo.

In quel tempo vi fu la visita del fratello indiano Vassù, il quale raccontò come fu salvato insieme a suo fratello e sua sorella. Dettero tutti i loro beni ai poveri e fecero un duro lavoro evangelistico ed il Signore fece vedere loro la realizzazione di 3 orfanotrofi, una scuola biblica e numerosi chiese.

Lo Spirito Santo mi suggerì che se aveva provveduto per loro, sicuramente avrebbe provveduto anche per noi. Pur essendo povero mi sentivo molto ricco, spiritualmente parlando.

Raggiunsi mia moglie in Sicilia, sperando nel Signore, lasciai così il lavoro che svolgevo con mio fratello il quale, inaspettatamente mi diede una liquidazione di 60.000 lire, Dio aveva operato in un modo glorioso.

Dopo 3 mesi le 60.000 lire terminarono e ci ritrovammo solo con 1.000 lire che avevamo destinato all’offerta. Sentimmo fermamente nel cuore di donare quei soldi al Signore il quale come aveva fatto in passato ci avrebbe ancora una volta provveduto. Il giorno dopo arrivò una raccomandata da Parma con una grossa somma di denaro, il Signore aveva operato ancora una volta.

In quel tempo il nostro pastore era sporco e malridotto, io avevo 2 vestiti e decisi di regalargliene uno secondo l’insegnamento della scrittura, il fratello ricorda ancora con amore quell’episodio e anni dopo ci accolse con profondo amore.

Anni dopo decidemmo di trasferirci in America, i nostri bagagli dovevano essere spediti da Parigi. A Roma nella stazione ferroviaria ci salutammo cantando e pregando, le persone nel treno, vista la grande folla di fratelli e sorelle che ci vennero a salutare, credevano che fossimo delle alte personalità di Stato, quando dicemmo loro di essere missionari se ne andarono con la “puzza sotto il naso”.

Mentre stavamo per imbarcarci a Parigi una signorina ci disse che non potevo partire perché il mio passaporto era scaduto. Infatti con la legge Moccardi gli americani rifiutavano il soggiorno in America a tutti coloro che in passato furono fascisti. Tirammo fuori i bauli e con gli ultimi 15 dollari potemmo ritornare a Roma. Quando ritornammo al culto tutti i fratelli ci guardavano stupiti, sentivamo che fra di loro dicevano “Ma è il fratello Remoli? Noi lo abbiamo accompagnato al treno!”. Così dovetti alzarmi in testimonianza e raccontare tutto ciò che mi era successo.

Mia suocera in America era in contatto con Moccardi e cercava di aprirci una strada per farci andare in America.

A Roma, primi di mezzi economici venne una sorella con una lettera nella quale c’erano 20.000 lire e c’era scritto che la sua bambina rapita dallo Spirito Santo ci aveva detto che necessitavamo di questa somma. Ci chiudemmo in camera e cominciammo a piangere per il grande miracolo che aveva fatto il Signore. Mio fratello Antonio aggiunse ancora altre 50.000 lire e ci incitò ad andare in America per evangelizzare.

Il Signore ci aprì la strada per andare in America e dopo un mese dal nostro arrivo mi elessero rappresentante per promuovere le missioni per l’Italia e ci pagarono le spese per 2 anni. 

Il Signore ci affidò anche la cura di una chiesa piccola chiesa degli Stati Uniti composta da 12 credenti, credevamo per pochi mesi, invece rimanemmo per 15 anni e il Signore ci fece vedere la Sua opera prosperare e da 12 credenti la chiesa diventò di 170 membri comunicanti. Quando in questa chiesa i fratelli cominciarono a volere un fratello che predicasse in inglese per l’istruzione dei loro figli, io diedi le dimissioni.

Ci scrissero poi dal Canada chiedendoci la collaborazione per 2 piccole comunità che distavano tra di loro 50-60 Km. Il comitato dell’ I.P.C.C. (Chiese Pentecostali Italiane del Canada) ci provvide una casa nel centro della strada tra le due chiese. Nascendo anche in una delle due chiese la necessità di avere un pastore che predicava in inglese detti le mie dimissioni e il Signore provvide per quella chiesa il fratello Onofrio Miccolis. Per equità lasciai anche la seconda chiesa dopo un anno ed il mio posto fu preso dal fratello Elio De Vita.

Da Toronto il comitato decise di formare dei gruppi di evangelizzazione che avrebbero curato le riunioni di casa in casa, mi elessero responsabile. Facemmo culti in 25 case diverse.      

Per 22 anni collaborai nella comunità diretta dal fratello Daniel Ippolito a Toronto, li c’è l’usanza che con le dimissioni del pastore anche i suoi collaboratori si dimettono, così quando Ippolito si dimise anche io, mi dimisi. Il pastore che continuò l’opera continuò anche il lavoro dei culti nelle case che avevamo iniziato noi.

Venimmo poi in Italia in visita per tre mesi, non avendo in Canada nessun lavoro da svolgere.

Ci scrisse il fratello Davide Di Staulo, il quale ci invitò a Montreal. Rimanemmo li per tre mesi, e la chiesa ci propose di rimanere li per sempre, ci avrebbero provveduto una casa, io sarei divenuto pastore onorario e mia moglie Lea direttrice della scuola domenicale.

Ritornando a Toronto per riflettere sulla proposta, ricevemmo una telefonata del segretario del comitato che mi disse che il loro pastore aveva lasciato la comunità e avrebbero voluto me nella conduzione della comunità. Sentii da parte del Signore di accettare alla seconda proposta. A Montreal il Signore ha provveduto il fratello Catalano da Sant’Elisabetta per collaborare con Di Staulo. Ci trasferimmo così a curare la comunità su proposta del segretario del comitato per curare il solo lavoro italiano, perché nel frattempo avevano trovato un pastore che parlava inglese.

La comunità grazie a Dio prospera alla gloria del Signore. Svolgiamo un lavoro con i bambini e li invitiamo alle riunioni di culto, organizzando loro un pranzo e poi le lezioni di scuola domenicale divisi per età. A Natale c’erano 350 persone. Regalammo ai bambini un giocattolo, una vaschetta con generi alimentari e una Bibbia.

Da oggi in poi siamo nelle mani di Dio”.

Ora possiamo ridare la parola alla sorella Lea, la quale ci racconterà la sua testimonianza e il lavoro che svolse in Italia organizzando la scuola domenicale nel secondo dopoguerra. Ella infatti fu la prima monitrice, il suo lavoro fu poi continuato dalla sorella Giuseppina Furnari. La sua testimonianza sarà più breve perché la gran parte della storia l’ha già raccontata il fratello Rinaldo. Ecco cosa ci ha detto:

“Ho ricevuto Gesù nel mio cuore all’età di 9 anni, a 13 anni mi sono battezzata in acqua e a 15 anni il Signore mi ha battezzato nello Spirito Santo. Pregavo il Signore perché desideravo essere missionaria e chiedevo al Signore di donarmi un marito che con me avrebbe condiviso il ministero, il Signore è andato ben al di là delle mie richieste. Fratelli, sorelle vale la pena di servire il Signore!

Mio padre nel 1928 venne in Italia per il primo convegno, vi ritornò nel 1948 per il primo convegno dopo la guerra, in quel tempo io ero segretaria di 44 scuole domenicali presbiteriane. Nel 1947 scrissi a mio padre che volevo andare in Italia per parlare con il fratello Bracco e chiedergli di istituire la scuola domenicale anche in li. Così nel convegno del 1948 venni in Italia con mio padre. Al termine del convegno, il fratello Bracco mi diede un mucchio di lettere per il lavoro da svolgere in Sicilia. Nel 1948 ho collaborato per il lavoro della nascente scuola domenicale a Roma.

Preparai una tesi dal titolo “Come essere monitore” perché a Chicago studiai la religione applicata alla psicologia dei bambini e come possono aggrappare il messaggio biblico. Il fratello Bracco con il comitato lo hanno tradotto per l’Istituto Biblico Italiano (IBI). All’ IBI ci andavo una volta all’anno.

Non ho mai contato le scuole che con l’aiuto del Signore ho fondato.

A Roma, come già avete letto sopra ho incontrato il fratello Rinaldo che era impegnato con il Villaggio Betania insieme alla sorella Eliana Rustici, ci sposammo il 29 ottobre 1949 e andammo in viaggio di nozze a Chiavari a casa di mio nonno. Ritornando a Roma, ricevetti l’invito di  Salvatore Anastasio di recarmi a Napoli per fondare una scuola domenicale anche lì. Il figlio più grande di Anastasio aveva circa dodici anni, era paffutello ed io lo chiamavo Peppiniello, un’altra figlia, Elisa mentre dirigevo il coro dei bambini lei cantava per fatti suoi, io le dissi che stava stonando lei, di circa 8-9 anni mi rispose: “io canto come mi dice la capa mia!”, così questo episodio simpatico mi fece vedere la genuinità del popolo napoletano. A Napoli insegnavo 8 ore al giorno con dei quaderni che provenivano dall’America.

Emigrammo poi negli Stati Uniti, ed in seguito in Canada.

 La comunità nella quale  oggi collaboriamo pur essendo una comunità Italiana, ha una vasta partecipazione di musulmani, cinesi, africani, canadesi, ha perso quindi la caratteristica di chiesa italiana.

Il pastore è il fratello Daniele Di Sabatino un giovane che in passato era membro di una chiesa curata da mio marito, egli ci vuole bene come se fossimo i genitori.

Nel 1997 ho partecipato al 50° anniversario della fondazione della scuola domenicale a Roma, il fratello Toppi mi diede l’opportunità di poter raccontare la mia testimonianza, ricordo con gioia alcune sorelle che vennero da me ricordandomi che quando iniziai la scuola domenicale a Roma loro erano delle bambine.

Ringrazio il Signore perché nel 1997 la Scuola domenicale di Roma era composta da circa 600 ragazzi, sono felice perché so che anche a Napoli il Signore ha portato avanti quest’opera fino a raggiungere il numero di circa 550 iscritti. Colgo l’occasione per salutare insieme a mio marito la chiesa di Napoli, il pastore Daniele Melluso e tutti coloro che conosciamo e che non conosciamo. Rimaniamo fedeli al Signore perché il Suo ritorno è vicino e presto andremo tutti nel cielo con Lui per l’eternità”.

     
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