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Data di pubblicazione : 18/08/2012

 

John Hyde, l'uomo che pregava sempre

John Hyde

″Oh Dio, dammi delle anime o muoio!″

 

 

John Hyde (1865-1912), l'apostolo della preghiera, come fu soprannominato, crebbe in un ambiente dove Gesù era un invitato fisso. Nella sua casa si respirava un'intensa atmosfera di preghiera. Smith Harris HydeIl dr. Johnson, di Chicago, parlando del padre di Hyde, disse che ″era un uomo dotato di raro equilibrio, un'anima sana, intraprendente e sicuro, di ferme convinzioni, di buona cultura, molto gioviale e desideroso di servire il Signore col meglio delle proprie capacità.

Alcuni dei compagni di classe del M'Cormick Seminary hanno sollevato leggermente la cortina dalla vita di John Hyde, consentendoci di scorgere in parte lo spirito presente negli studenti di quel seminario nell'anno 1892, quando John era allievo presso  l'istituto.

La classe di Hyde aveva fama di essere ‘il collegio missionario del M'Cormick Seminary'. Burton Alva Konkle, amico e compagno di classe di John Hyde, racconta: ″Sui quarantasei studenti di quella classe, ben ventisei decisero di abbracciare l'opera missionaria all'estero. Hyde, che poi sarebbe partito per l'India, era il nostro ‘uomo di preghiera'. Lee, che andò in Corea, fu soprannominato ‘l'apostolo della Corea', mentre Foster, la cui vita straordinaria influenzò tutti noi, era invece ‘l'uomo della sofferenza'. Per me erano più che fratelli e penso sempre a loro con grande riconoscenza″.

J. F. Young, già pastore di John Hyde, raccontò: ″Nel primo anno di seminario, Hyde fece una scarsa impressione sui suoi compagni; per quanto mi riguarda, ero addirittura dubbioso che fosse ammesso al secondo anno. In parole povere, era uno come tanti, e nessuno di noi lo notò particolarmente. Fu durante il senior year, (l'ultimo anno di frequenza al seminario, n.d.t.) in seguito alla morte di suo fratello maggiore Edward, anch'egli studente nel seminario e volontario per le missioni all'estero, che ci rendemmo conto che Hyde non era un giovane comune. La morte del fratello lo aveva scosso profondamente, provocando nella sua vita un grande conflitto interiore in merito al posto in cui avrebbe dovuto trascorrere la sua vita di missionario. Alla fine si arrese: ‘Signore, andrò dove Tu vuoi che io vada'. A questa decisione seguì un immediato cambiamento nella sua vita e noi cominciammo a considerare un privilegio anche il fare una piccola passeggiata in sua compagnia.

E' ancora Konkle, amico personale di Hyde, a riferirci un evento significativo: ″Durante l'ultimo anno di seminario, nella nostra classe si verificò un crescente interesse per le missioni estere; una sera, intorno alle 23, Hyde venne nella mia stanza, dicendomi che voleva conoscere tutti gli ‘argomenti' che adducevo per scegliere il campo missionario estero. Rimanemmo per qualche momento in silenzio, poi gli dissi che ne sapeva quanto me delle missioni estere, che non credevo che avesse bisogno di un ‘argomento' e che pensavo che la soluzione ideale per lui fosse quella di mettere tutto davanti al Padre, rimanendo in fiduciosa attesa finché Egli non avesse deciso per lui. Sedemmo ancora per un po' in silenzio poi John, dicendomi che avevo ragione, si alzò, augurandomi la buona notte. La mattina seguente, mentre salivo i gradini della cappella, sentii una mano sul mio braccio. Mi voltai e vidi il volto radioso di John, con un'aria insolita. ‘Ho deciso, Konkle', mi disse, e non ci fu bisogno che mi dicesse cosa. Da quel giorno, la potenza ricevuta crebbe in lui rapidamente fino a diventare il più potente singolo strumento per il settore estero del seminario ... La preghiera per Hyde era il trampolino di lancio dal quale lanciarsi verso obiettivi più audaci; essa divenne la caratteristica predominante della sua intera vita e della sua opera: in essa risiedeva il suo speciale potere. La sua vita di preghiera era come una torcia, che recava ovunque luce e calore. Avevamo appena iniziato ad apprezzare il fascino e la grandezza della sua vita.

John HydeInizialmente, John Hyde non fu quello che si direbbe un buon missionario. Era lento a parlare e quando gli rivolgevano una domanda, sembrava non udire o, se udiva, impiegava alquanto tempo per elaborare la risposta. Il suo udito era piuttosto debole, particolare che faceva prevedere delle complicazioni nell'imparare la lingua.

Hyde era di indole gentile e tranquilla, ma sembrava mancare dell'ardore e dell'entusiasmo che dovrebbero caratterizzare un giovane missionario. Aveva un bellissimo paio di occhi blu, che sembravano scrutare le parti più profonde dell'anima di chi gli stava di fronte. Giunto in India, per un po' si dedicò al regolare apprendimento della lingua, poi smise, preferendo sostituire a quell'esercizio lo studio biblico. La commissione lo ammonì per la sua negligenza, ma lui rispose che doveva dare priorità alle cose più importanti. Sosteneva che era venuto in India per insegnare la Bibbia e che doveva conoscerla bene, per poterla insegnare agli altri. E Dio, mediante il suo Spirito, spalancava meravigliosamente le Scritture alla sua mente. Ma non trascurò nemmeno lo studio della lingua: ‘Era in grado di parlare correntemente l'Urdu, il Punjabi e l'Inglese ma, oltre a queste lingue e al di sopra di esse, imparò il linguaggio celeste e lo faceva così bene da riuscire a tenere incantati centinaia di indiani, esponendo loro le verità della Parola di Dio'.

Le parole che meglio riassumono l'esistenza di John Hyde sono pregare, predicare, convincere. Questi tre verbi costituirono la somma e l'essenza della sua vita. Di seguito, riteniamo utile dare qualche cenno su questo importante aspetto.

La difficoltà che incontriamo noi è quella di rendere la preghiera l'ago della bilancia delle nostre attività, dando ai nostri doveri la corretta priorità o, in altre parole, di mettere prima le cose che vengono prima. Quante volte abbiamo sentito dire, e spesso noi stessi lo abbiamo affermato, che i nostri impegni sono così urgenti da non concederci il tempo di pregare come dovremmo. Pur riconoscendo l'importanza della preghiera, ci giustifichiamo per non aver dedicato abbastanza tempo all'intercessione, dicendo che abbiamo delle responsabilità e che non possiamo trascurarle, cosa che avverrebbe, se dessimo troppo tempo alla preghiera. Hyde aveva invece imparato a mettere Dio prima di ogni cosa: era disposto anche a essere frainteso dagli altri, pur di non tralasciare la preghiera. Non era il tipo da disinteressarsi dei propri impegni, ma se questi interferivano in qualche modo con la sua vita di preghiera, li accantonava senza indugio.

Certo, era meticoloso nel dedicarsi ai suoi doveri: sacrificava con piacere lavoro, sonno, danaro, pur di non venir meno alle sue incombenze, ma nulla lo smuoveva quando si trattava della preghiera. E noi diamo la medesima precedenza alla preghiera? Regoliamo la nostra vita in modo da poter avere del tempo sufficiente per pregare? Non è forse questa la principale causa della nostra mancanza di potenza?

Un credente racconta: Una sera, verso le 21,30, John venne nel mio studio e cominciò a parlarmi del valore della pubblica testimonianza. Avemmo una pacifica discussione che si protrasse fino a notte inoltrata, credo fino all'una, che, da quanto ricordo, fu molto stimolante. La sera dopo, gli chiedemmo di condurre una riunione maschile che doveva svolgersi nel locale di culto, mentre le donne stavano tenendo un loro incontro nel capanno missionario. Quando si fece l'ora del raduno, noi uomini ci sedemmo sulle stuoie nella tenda, ma Hyde, che doveva presiedere, non era ancora arrivato. Cominciammo a cantare e cantammo diversi inni prima che venisse, abbastanza in ritardo. Ricordo che sedette sulla stuoia di fronte a noi, rimanendo in silenzio per molto tempo dopo che avevamo smesso di cantare. Poi si alzò e ci disse con tono pacato: ‘Fratelli, la notte scorsa non ho dormito e oggi non ho mangiato nulla. Ho avuto un grande combattimento con Dio. Egli ha voluto che io venissi qui per testimoniarvi di alcune cose che ha fatto per me e io gli ho detto che non dovrei fare questo. Solo stasera, poco fa, ho ricevuto pace sul fatto e ho accettato di obbedirgli; ora eccomi qui, per comunicarvi alcune delle cose che Egli ha fatto per me'.

Dopo questa breve dichiarazione, ci raccontò con molta calma e semplicità alcuni dei disperati conflitti che aveva avuto col peccato e di come Dio gli aveva data vittoria. Credo che non abbia parlato più di quindici o venti minuti, dopodiché si sedette e chinò il capo per alcuni minuti, poi disse: ‘Dedichiamo qualche momento alla preghiera'.

I credenti lì raccolti si prostrarono faccia a terra sui tappetini alla maniera orientale e per un tempo considerevole, quanto non so dire, uno dopo l'altro si alzarono in piedi per pregare. Ci fu una confessione di peccati individuali come molti di noi mai avevamo udito prima, accompagnata a un intenso chiedere a Dio misericordia e aiuto. Quando quella piccola adunanza si sciolse era tarda notte e alcuni di noi possono testimoniare di molte vite totalmente trasformate, grazie al potere di quella riunione.

 ‘All'inizio del 1905', scrive un credente, ‘durante l'incontro annuale, Dio mise sui nostri cuori il peso di un mondo immerso nel peccato. In qualche misura, ci fu concesso di prender parte alle sofferenze di Cristo. Si trattò di una gloriosa preparazione per l'imminente riunione autunnale del 1905'.

A quel convegno, John Hyde rimase ininterrottamente, giorno e notte, nella stanza riservata alla preghiera. Restò lì dentro come sul monte della Trasfigurazione. Gli risuonavano nella mente, come un comando da parte di Dio, le parole del profeta: ‘Sulle tue mura, Gerusalemme, io ho posto delle sentinelle; non taceranno mai, né giorno né notte. Voi che destate il ricordo del SIGNORE, non abbiate riposo, non date riposo a lui,finché egli non abbia ristabilito Gerusalemme, finché non abbia fatto di lei la lode di tutta la terra' (Isaia 62:6, 7). Non può esserci dubbio che Hyde fosse sostenuto dalla forza divina: non ci viene detto di sopportare le difficoltà sorretti dalla potenza di Dio, quindi non secondo la nostra debolezza, ma secondo le sue virtù?

Non fu la quantità ma la qualità del sonno che il Padre celeste dava al suo servo, che gli permise di continuare a vigilare così a lungo in preghiera. Gli si leggeva in volto che era la presenza di Cristo stesso a fortificare il suo debole corpo. John Hyde era il principale relatore, ma la sua potenza scaturiva dalla comunione con Dio. La sua era una vita di preghiera in assoluta ubbidienza a Dio.

Una volta, la campanella che comunicava l'ora di pranzo suonò mentre erano tutti nel locale riservato alla preghiera e Hyde fu udito sussurrare: ‘Padre, vuoi che vada?'. Ci fu una pausa, a cui seguì la risposta e lui disse: ‘Grazie, Padre', poi si alzò e con un sorriso sulle labbra si recò a mangiare.

In un'altra occasione, John entrò nella sala culto tutto allegro e, trovandosi dinanzi all'assemblea, dopo aver ubbidito alla voce di Dio, che gli aveva parlato, disse tre parole in urdu e tre in inglese, ripetendole tre volte: ‘Ai Asmani Bak,' cioè ‘O Padre Celeste'. Quello che seguì a quelle parole, chi potrebbe descriverlo? Fu come se un grande oceano avesse travolto l'assemblea; improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti. I cuori si piegavano davanti alla presenza di Dio come gli alberi si curvano sotto il forte vento. Era l'oceano dell'amore di Dio che veniva sparso grazie all'ubbidienza di un solo uomo. I cuori erano rotti da quel potente amore; diverse furono le confessioni di peccati, seguite da lacrime di dolore, che presto divennero di gioia e poi grida di allegrezza. Quegli uomini furono veramente riempiti di vino nuovo, il vino nuovo procedente dal Cielo!

Scrisse una missionaria: Trascorrere ore e ore con Dio, senza vedere né sentire altri che Lui, era una cosa normale. Ma avere per ore comunione con altre persone, nella preghiera e nella lode, poteva essere pensabile? Entrando nella sala il problema fu risolto. Capivi subito che ti trovavi nella santa presenza di Dio, dove poteva esserci solo la terribile realtà. I presenti nella sala erano ignorati, tranne quando pregavano e lodavano e allora ti rendevi conto della forza, della potenza e della compassione sprigionate da una simile comunione. Le ore trascorse ad aspettare Dio in concordia con gli altri si rivelarono un tempo prezioso: insieme attendevamo che Dio ci scrutasse e ci parlasse, di pari sentimento intercedevamo per gli altri, insieme lodavamo Dio per quello che Egli è e per la sua meravigliosa potenza operante nella nostra vita. In quei dieci giorni sperimentammo una libertà che non avrei mai immaginato potesse esistere sulla terra. Di certo Cristo ci aveva liberati proprio per darci quella libertà. Ciascuno faceva esattamente ciò che si sentiva guidato a fare. Alcuni andavano a letto, altri pregavano per ore, altri tutta la notte; alcuni andavano alle riunioni e altri nella sala di preghiera. Alcuni andavano nelle proprie camere, altri pregavano, o lodavano o pregavano seduti, alcuni in ginocchio e altri prostrati con la faccia a terra davanti a Dio, così come lo Spirito faceva sentire loro. Non c'erano critiche né giudizi su ciò che veniva detto o fatto. Tutti realizzavano che andava messa da parte ogni esteriorità e che ciascuno si trovava nella tremenda presenza di Dio.

La stessa missionaria si riferiva a John Hyde, quando scrisse: Alcuni si resero conto che Dio li aveva scelti e designati a essere ‘sentinelle'.  Avevano vissuto così a lungo vicino a Dio che udivano la sua voce e ricevevano i suoi ordini su qualsiasi cosa direttamente da Lui, perfino per quando dovevano vegliare e pregare e quando dovevano andare a dormire. Alcuni vegliarono tutta la notte per diverse notti, perché Dio aveva detto loro di fare così e teneva il sonno lontano da loro, perché potessero avere il privilegio e l'onore di vegliare con Lui sulle iniziative legate al suo regno.

Quante volte, nella sala riservata alla preghiera, Hyde scoppiava in lacrime pensando ai peccati del mondo, specie a quelli dei figliuoli di Dio. Anche queste lacrime sarebbero state cambiate in grida di lode, secondo la divina promessa ripetuta dal nostro Signore nell'ultima notte in cui parlò coi suoi. ‘Voi piangerete e farete cordoglio ... ma la vostra tristezza sarà cambiata in gioia' (Giovanni 16:20-22). Un credente, parlando del convegno svoltosi nel 1906, scrisse:

Dio udì le nostre preghiere e sparse lo Spirito di grazia e di intercessione su molti dei suoi figli. Per esempio, vidi un credente punjabi sconvolto e piangere come se gli si stesse spezzando il cuore. Mi avvicinai a lui, lo abbracciai e gli dissi: ‘il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato'. Un sorriso gli illuminò il volto. ‘Grazie a Dio per questo, sahib', gridò, ‘ma che terribile visione ho avuto! Migliaia di anime di questa terra dell'India venivano trascinate via dal nero fiume del peccato! Adesso sono all'inferno! Oh, strappiamoli dal fuoco, prima che sia troppo tardi!'.

″Qual era il segreto della vita di preghiera di John Hyde? Questo: che era una vita di preghiera. Chi è la fonte della vita? Gesù glorificato.  E come posso ottenere questa vita da Lui? Esattamente come ricevo la sua giustizia. Riconosco che la mia giustizia è solo un mucchio di stracci sporchi e in fede mi appello alla giustizia di Cristo. Da qui, segue un duplice risultato: il mio Padre celeste vede la giustizia di Cristo, non la mia ingiustizia; quanto a me stesso, la giustizia di Cristo non solo mi riveste esternamente, ma penetra nel mio essere per mezzo dello Spirito Santo, ricevuto per fede (vedi Giov. 20:22), producendo in me la santificazione.

John era solito dire: Quando ci teniamo vicini a Gesù, è Lui stesso che attira a Sé delle anime servendosi di noi, ma deve essere innalzato nelle nostre vite; cioè, bisogna che siamo anche noi crocifissi con Lui. Il nostro ‘io' in qualche forma si interpone tra noi e Lui, quindi va trattato come Lui lo trattò: dev'essere crocifisso, morto e seppellito con Cristo. Se non viene seppellito, il fetore del vecchio uomo spaventerà le anime. Applicando questi tre passi digradanti al nostro vecchio uomo, quello nuovo verrà ravvivato, risuscitato e fatto sedere con Cristo, i tre passi verso l'alto che Dio ci dà di fare.

Tre furono le caratteristiche predominanti della vita di John Hyde; esse spiegano l'ascendente che ebbe sugli uomini.

Innanzitutto, il suo ardente amore per il Salvatore. Un giorno, fu chiesto ad Hyde perché non si fosse sposato. In fondo, una moglie avrebbe arricchito la sua vita, assistendolo sia a livello materiale che sul piano spirituale. Alla domanda, Hyde sorrise e, dopo qualche secondo, con l'atteggiamento di chi sta per svelare un segreto, disse: Anni fa sentii nel cuore di dover dare qualcosa a Gesù Cristo che mi ha così tanto amato, offrendogli qualcosa di mio. Decisi di dargli me stesso in maniera assoluta, promettendogli che nella mia vita non sarebbe entrato nessun altro e che non avrei diviso con nessuno il mio amore per Lui. Gli dissi che non mi sarei sposato, ma che Lui sarebbe stato tutto per me. Che dedizione! E come rimase fedele alla promessa fatta. Per lui, Cristo era tutto in ogni cosa; egli era continuamente in comunione con Lui. Questo spiega l'atmosfera di preghiera nella quale Hyde viveva. Scese sempre più in basso, facendo sì che l'amore di Dio venisse sparso nella sua vita; dischiuse la sua vita, permettendo all'amore di Dio di scorrere in lui.

In conseguenza di ciò, tutti sperimentavano il suo amore profondo per la gente tra cui lavorava, rinunciando praticamente a ogni cosa per loro. Viveva con loro, mangiava e dormiva con loro. Spesso, qualcuno approfittava della sua docilità. Lui se ne accorgeva, ma non diceva mai niente, nemmeno quando gli rubavano qualcosa. Se vedeva qualcuno con in dosso i suoi vestiti, non lo rimproverava per paura che quello si sarebbe poi allontanato da Cristo. Amava gli uomini a tal punto che non faceva alcun conto dei beni terreni, se qualche anima era in pericolo. Spesso, i suoi colleghi missionari lo biasimavano per questo, ma le loro lamentele non avevano alcun effetto su di lui. Sapeva vedere i difetti altrui, ma per lui indicare una colpa era solo un pretesto per pregare per loro. Trovava sempre qualche attenuante per quelli che lo imbrogliavano o lo derubavano. Il seguente è un episodio che illustra bene questo suo pregio.

J.N. era un bramino (1) che frequentava la scuola annessa alla missione in cui lavorava Hyde. Crescendo, J. fu attirato dall'insegnamento di Cristo e divenne un ottimo alunno della scuola domenicale. Quando lasciò la scuola e cominciò a guadagnarsi da vivere, confessò pubblicamente che Cristo era il suo Salvatore, nonostante l'iniziale forte opposizione della madre vedova e dei suoi parenti. Dopo questa fase acuta di contrasto, i familiari usarono un'altro metodo: lo assecondavano. La loro cordialità interessata alla lunga vinse il cuore del giovane, che fece ritorno nella casa paterna dove, circondato da cattive compagnie, cominciò a bere. Giunse finanche a rinnegare il Signore. Tuttavia, grazie a Dio, era infelice e un giorno andò a visitare John Hyde, che lo accolse come fece il padre col figliuol prodigo. Riprendendo a frequentare Hyde, la fede del ragazzo si riaccese. Purtroppo, però, il demone dell'alcool lo padroneggiava ancora. Rubò ripetutamente i vestiti di Hyde per poter appagare la sua dipendenza. Quando Hyde incontrò il suo amico Paterson, gli disse con un sorriso: Probabilmente, quest'estate non verrò su da te in collina; si vede che il Padre vuole che io trascorra la stagione calda in pianura, perché non ho più vestiti che mantengano caldi!. Accettava la ‘ruberia dei propri beni' di buon grado, ritenendola poca cosa in confronto al recupero di un'anima perduta. Come il Signore pazientò con Giuda e con gli altri, non mandando mai via quelli che desideravano stare con Lui, così Hyde tollerò quel giovane posseduto dal vizio del bere. Nei suoi momenti lucidi, egli si rendeva conto di quale privilegio fosse vivere con un tale santo uomo.

L'altra caratteristica prevalente nella vita di Hyde era l'alta considerazione e l'affetto che nutriva per i suoi compagni missionari, particolare che però non gli impediva di rintuzzare le loro opinioni, quando sentiva che il Signore lo guidava in quella direzione.

John Hyde dava l'impressione di essere una persona tetra, malinconica, ma non lo era, anche se a volte poteva apparire tale. Quando si trovava in compagnia con chi lo comprendeva, era infatti allegro e vivace. Era dotato di quello che alcuni hanno definito ‘humour santificato'. Aveva un buon senso dell'umorismo, che però sapeva controllare alla perfezione. Tendenzialmente era malinconico, schivo, riservato e taciturno. Eppure, chi lo conobbe afferma che fu una delle persone più allegre mai conosciute. Amava molto il passo Isa. 61:3, in cui si parla di quel meraviglioso mutamento operato dal Signore. John Hyde era senza dubbio permeato dalla gioia sovrabbondante di Cristo (Giov. 15:11), che poi dirompeva in gioiose grida di lode. Infatti, nessuno può essere ripieno della gioia del Signore e non cantare le sue lodi.  Ma tra le ragioni del suo successo c'era anche il suo profondo amore per le anime, che soverchiava ogni altra cosa, facendogli dimenticare tutto eccetto l'anima con la quale Dio lo aveva fatto venire a contatto.

Una volta, era un fredda notte d'inverno, Hyde bussò alla porta della stanza di uno degli evangelisti che erano con lui, il quale, per qualche tempo, condivise con John una casa di fango nel villaggio. Era tardi e l'uomo non voleva aprire. Allora Hyde lo chiamò per nome, dicendo: Mi presteresti un lenzuolo per stanotte?″ ″Dove sono finite le tue coperte?, fu la risposta secca proveniente dalla porta rimasta chiusa. Ah, sì, se l'è portate via quell'ubriacone che era con te. Sicuramente andrà a vendersele per comprarsi da bere. Sai che stai procurando fastidio a tutti permettendo queste cose?″. Successivamente, l'evangelista ammise con rammarico quanto fosse stato sgarbato e, piangendo, ricordò la risposta datagli da John Hyde, che, chiamandolo per nome, gli aveva risposto: ″Ah, J...! J... Se fosse tornato a te il figliuol prodigo, lo avresti accolto a bastonate! ″.

Dal 1910, la salute di Hyde cominciò a peggiorare rapidamente. Durante una campagna evangelistica a Calcutta, dovette ascoltare i suoi amici, che lo persuasero a consultare un dottore. Gli anni di travaglio avevano lasciato un segno; l'incredibile diagnosi formulata dal medico fu che il cuore di Hyde, dalla sua posizione naturale sul lato sinistro del petto, si era spostato a destra. John doveva stare a riposo assoluto, altrimenti sarebbe deceduto entro sei mesi. Lasciò così la sua amata India e ritornò a Carthage (Illinois) dove visse, assistito dalla sorella, fino al 17 febbraio del 1912. Morì pronunciando le parole: Bol, Yisu' Masih, Ki Jai! (Grida, la vittoria di Gesù Cristo!). 

Aveva 47 anni.

Carthage (Illinois)


Il materiale riprodotto è stato estratto, tradotto e liberamente adattato da Ciro Izzo, dal libro Praying Hyde or, A present day challenge to prayer, a cura di E.G. Carre.

 

     
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