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Data di pubblicazione : 17/06/2013

 

George Liele

Il profeta della liberazione dalla schiavitù dei negri


 George Liele (chiamato anche Sharpe, dal nome del suo proprietario) George Liele (chiamato anche Sharpe, dal nome del suo proprietario) è uno dei combattenti cristiani meno celebrati della storia religiosa. Le sue imprese sono rimaste pressoché ignorate, se si eccettuano alcune pubblicazioni riguardanti la storia dei negri.

 La sua singolare e persistente dedizione alla causa del Maestro ebbe inizio nel 1773, alla sua conversione, e toccò l'apice con l'evangelizzazione di migliaia di anime semplici della sua gente, trasportate dalla bassezza della schiavitù umana alla libertà e alla gloriosa appartenenza al regno di Dio grazie alla potente testimonianza cristiana di quest'uomo, che manifestava a parole e coi fatti di essere un figliuolo di Dio.

George era figlio di genitori schiavi, Liele e Nancy, nato nel nucleo familiare di Henry Sharpe, in Virginia. Dalla sua nascita, nel 1750, al suo affrancamento, nel 1773, Liele appartenne alla famiglia Sharpe, con la quale si trasferì in Georgia, nella contea di Burke. Henry Sharpe, il suo padrone, era diacono della Buckhead Creek Baptist Church, curata dal rev. Matthew Moore. Parlando dei genitori e della sua adolescenza, George dirà in una lettera scritta da Kingston, in Giamaica, datata 18 dicembre 1791: "Sono nato in Virginia. Mio padre si chiamava Liele e mia madre Nancy; non posso dire molto di loro, essendo stato, da giovane, in diverse zone dell'America e essendomi stabilito nella Nuova Georgia. Tuttavia sia persone bianche che di colore mi hanno informato del fatto che, in quel paese, mio padre era l'unico individuo di colore che conosceva il Signore. Sin dalla mia fanciullezza avevo sempre avuto un innato timore di Dio; spesso la mia coscienza era assalita dal pensiero della morte, pensiero che mi tenne lontano da molti peccati e cattive compagnie. In quel periodo, non conoscevo altro modo di sperare nella salvezza se non quello di compiere le mie buone azioni".

Poi si verificò un importante cambiamento.

Nel 1773, ascoltando un sermone di Matthew Moore, "...realizzai dentro di me di essere condannato e di non aver altra via di scampo dall'inferno se non tramite i meriti del mio Signore e Salvatore Gesù Cristo...". Dopo esser stato battezzato da Moore e accolto nella chiesa, Liele scoprì il suo amore per gli altri negri che si trovavano, insieme a lui, nella stessa piantagione, leggendo loro degli inni e spingendoli a cantarli, e talvolta spiegando loro le parti più toccanti.

Grazie al suo forte interesse per la Parola di Dio, per iniziare gli fu affidata la responsabilità di predicare a una riunione di chiesa tenuta trimestralmente. Persuasa che Liele avesse dei talenti ministeriali e vedendone l'efficace esercizio, la comunità legittimò ufficialmente il ministero di George.  In seguito, il suo padrone, Henry Sharpe, gli concesse la libertà per permettergli di occuparsi più facilmente del ministero della Parola.

Tra il 1774 e il 1775, George, dalla contea di Burke, si spostò dapprima ad Augusta, poi in Georgia e in seguito, attraversando il fiume Savannah, nella Carolina del Sud. Qui radunò un gruppo di fedeli presso Gaulphi's Mill (Silver Bluff), che ascoltava di buon grado i suoi sermoni. Probabilmente l'assemblea di Silver Bluff è da considerarsi la prima chiesa di colore americana. Sebbene precedentemente fossero stati fatti altri sforzi per stabilire delle missioni cristiane tra gli schiavi negri, non c'era stato nessun risultato positivo.

Nel 1778 Liele si trasferì a Savannah, dove continuò a predicare durante i tre anni successivi di occupazione britannica della città. Nell'ultima parte di quel periodo (1778-1782), Liele battezzò Andrew e sua moglie Anna, insieme a Hagar, schiavi di Jonathan Bryan e Kate, che apparteneva alla signora Eunice Hogg: sarebbero divenuti il nucleo iniziale di convertiti della seconda comunità negra americana.

Finita la guerra di secessione, i figli di Sharpe tentarono di riprendersi lo schiavo Liele, e lo mandarono in prigione. George ottenne di nuovo la libertà dopo aver esibito il suo free paper. Prendendo in prestito 700 dollari dal colonnello Kirkland, ufficiale britannico, per il passaggio per sé e per la sua famiglia, lasciò Savannah alle dipendenze del colonnello, a bordo di una delle navi che smobilitarono le truppe britanniche nel 1782, seguendo l'ufficiale in Giamaica. George giunse a Kingston, capitale dell'isola, nel 1783.

Lui stesso raccontò: "il colonnello mi affidò al Generale Campbell, governatore dell'isola, alle cui dipendenze rimasi due anni. Quando fu trasferito, mi rilasciò un attestato scritto di suo pugno, nel quale certificava la mia buona condotta". Finalmente libero e col debito saldato, fu invaso da un sentimento di pietà per la miserabile condizione in cui versavano gli schiavi in Giamaica. Si mise quindi a predicare di sera in una abitazione privata, nella quale fondò una comunità insieme a quattro fratelli americani. Il suo primo locale di culto fu l'arena Kingston Race Course; nel 1791 Liele raccontava che "i sermoni avevano un fortissimo impatto sulle classi più povere, specie sugli schiavi. La gente all'inizio ci perseguitava, sia mentre svolgevamo le riunioni che durante i battesimi ma, Dio sia lodato, attualmente ci fermano solo di tanto in tanto".

Quell'anno, ci furono ben cinquecento convertiti.

A causa delle persecuzioni da parte dei proprietari di piantagioni e della Chiesa ufficiale, Liele fece ricorso alla House of Assembly presentando una "istanza delle nostre afflizioni, essendo poveri, desiderosi di adorare Dio Onnipotente secondo i principi della Bibbia; ci hanno concesso la libertà, e la loro approvazione. Grazie a Dio, ora a Kingston abbiamo la libertà di adorarlo come ci pare".

Nel 1789, Liele poté cominciare a costruire un locale di culto.  Nel 1791, scrivendo al dr. Rippon, disse: "abbiamo acquistato un appezzamento di tre acri nella zona a est di Kingston, costatoci l'equivalente di 775 dollari, dove abbiamo cominciato a edificare un locale di culto lungo 57 piedi e largo 37...". Nella lettera, Liele, accennando all'estrema povertà degli schiavi giamaicani, chiese a Rippon di far pressione sulle chiese battiste d'Inghilterra, affinché lo aiutassero a raccogliere fondi per la costruzione: "e come il Signore ti ha messo in cuore di informarti riguardo al nostro stato, abbiamo piena fiducia che renderai note le nostre circostanze alle varie Chiese battiste in Inghilterra, considerandoti nostro padre, amico e fratello...".

Frattanto, Liele provvedeva ai bisogni della moglie e dei suoi quattro figli svolgendo diversi lavori.   "Faccio il contadino, ma giacché da queste parti le stagioni sono incerte, ho anche alcuni cavalli e carri adibiti al trasporto di merci da un posto all'altro, a cui bado da me, aiutato dai miei figli. Con questo sistema ci siamo guadagnati il favore della gente...".

La maggior parte dei membri delle chiese erano schiavi; questo poneva molti problemi alle chiese battiste, come anche agli altri gruppi di dissidenti. Le finanze erano precarie: i pochi soldi degli schiavi riuscivano a malapena a pagare le spese. Nel novembre del 1792, Liele tornò a farsi sentire da Rippon e, spiegando i motivi del suo lungo ritardo nello scrivergli, disse: "avrei voluto rispondere alle tue lettere molto prima, ma sono oberato di impegni: l'isola è in rivolta; alcuni dei nostri membri di chiesa sono stati obbligati ad arruolarsi e io, che ero trombettiere nel reggimento delle truppe a cavallo di Kingston, vengo frequentemente richiamato. Dietro ordine del governo locale, sono stato anche impiegato nel trasporto dei cannoni in questa parte del paese."

I bianchi cominciarono a dubitare che fosse un bene permettere agli schiavi di seguire la religione. A causa della diffidenza dei proprietari di piantagione, si presero delle precauzioni con gli schiavi divenuti membri di chiesa: erano accolti in chiesa solo dopo aver presentato una sorta di certificato scritto dai relativi padroni, che attestavano la loro buona condotta.

Anche se ciò contribuì in qualche misura ad attenuare i timori dei piantatori, non bastò a evitare una seria persecuzione poiché i proprietari terrieri, di gran lunga inferiori di numero, si sentivano minacciati dall'agitazione degli schiavi. Liele fu vittima di forte opposizione, e spesso fu insultato e oltraggiato. Una volta, mentre stava per celebrare la Cena del Signore, un gentiluomo (presunto) entrò col suo cavallo in mezzo ai fedeli riuniti e, dirigendo la cavalcatura verso il pulpito, esclamò con insolenza e con parolacce, "Avanti, vecchio Liele, da' il Sacramento anche al mio cavallo!".

 Liele freddamente rispose: "Non è possibile, signore; tu stesso non sei nella giusta condizione per riceverlo". Dopo essersi trattenuto in quella posizione per qualche tempo, l'intruso se ne andò.

Rendendosi conto di quanto arduo fosse il compito di evangelizzare gli schiavi dell'isola, Liele cominciò a interessare più approfonditamente i battisti inglesi, chiedendo loro di inviare missionari in Giamaica e di sostenere le opere lì esistenti. I primi predicatori che convertirono centinaia di schiavi giamaicani furono George Gibs e Moses Kaker, schiavo barbiere convertitosi in seguito alla predicazione di Liele. La loro opera evangelistica portò speranza e istruzione agli schiavi illetterati e preoccupazione ai proprietari di piantagioni.

I predicatori usarono due mezzi per fugare ogni timore.

Un atto, concepito come "raccolta di alcuni tra i principali testi biblici da noi osservati, sia in America che in questa nazione, per disciplinare la nostra attività spirituale. Viene letto una volta al mese, nei culti di cena del Signore, affinché i nostri membri possano appurare se vivono conformemente ai precetti da loro professati e sottoscritti. Grazie a questo accorgimento, la chiesa viene mantenuta in subordinazione spirituale".

Siccome la gran parte degli schiavi non sapeva leggere, "la lettura mensile di questo documento, quando sono radunati insieme tutti quelli che provengono dalle varie zone dell'isola, è utile a rammentar loro i comandamenti di Dio...".  

Liele menziona al dr. Rippon anche una campana posta sul campanile della chiesa, per chiamare i fedeli a raccolta, che però veniva suonata "più specificamente per far sapere ai proprietari degli schiavi delle nostre adunanze, in modo che sapessero a quale ora ci raduniamo e a che ora sarebbero rientrati i loro schiavi".   Poiché la campana era di piccole dimensioni, Liele chiedeva al dr. Rippon "di mandare, appena possibile, una campana che potesse essere sentita anche a due miglia di distanza...permettendo in tal modo agli schiavi di rincasare in un tempo ragionevole prestabilito, visto che al momento ci raduniamo in maniera molto disordinata, quanto all'orario".

Nonostante le difficoltà, il lavoro dei pastori negri continuò a prosperare, dato che molti degli schiavi convertiti collaboravano attivamente per la propagazione della Vangelo agli operai delle piantagioni circostanti la città e nelle zone più interne della Giamaica. Liele assunse anche un insegnante che istruisse sia i figli dei liberi che degli schiavi.

 Ma il costo in termini di vite umane e di sofferenze cominciava a crescere. Poco prima del 1802, Liele fu accusato di predicazione perturbatrice. Gettato in prigione, venne incatenato e gli furono legati i piedi a dei ceppi. Nemmeno la moglie e i figli potevano visitarlo. Alla fine fu processato ma, non avendolo potuto accusare di alcun male, venne liberato con onore. Fu poi rimesso in galera per debiti, ma non volle beneficiare del Debtor's Act, rimase in prigione fino a che non ebbe restituito tutto.

Nel 1805 fu emanata una legge che proibiva di predicare agli schiavi. Anche se il provvedimento venne applicato blandamente fino al 1810, furono ugualmente numerosi i casi di violente persecuzioni, sotto forma di frustate e uccisioni brutali. Dopo un periodo di ribellione e la proclamazione da parte delle autorità della Legge Marziale, alcuni proprietari di schiavi decisero di reprimere un incontro di preghiera frequentato da schiavi. Armati di tutto punto, fecero irruzione nell'assemblea, con l'intenzione di uccidere tutti i presenti. Il responsabile del gruppo di credenti di colore, Moses Hall, in quell'occasione era assente e al suo posto c'era il suo assistente, David.

 Egli fu subito preso e decapitato. I barbari bianchi sfilarono per il villaggio col macabro trofeo in segno di monito a tutti i negri, per scoraggiarli dal frequentare la riunione di preghiera. Poi appesero la testa di David su un palo al centro del paese, con grande orrore e dispiacere dei seguaci di David, che nel frattempo si erano radunati sul posto.

Vennero tutti severamente avvertiti che avrebbero subito la stessa sorte, se fossero stati sorpresi riuniti in preghiera. In mezzo a loro c'era anche Moses Hall, pastore del gruppo. Egli fu burberamente afferrato, trascinato e fatto stare davanti al palo in modo da poter vedere la testa del suo collaboratore ed essere visto da tutto il suo gruppo di fedeli, dispostosi a cerchio. "Ora, Moses Hall", disse il capo di quella banda di assassini, "di chi è quella testa?". "Di David, massa", rispose Moses. "E sai perché è stata messa lì?". "Si, massa.", rispose Moses, "per pregare, signore". "Bada a te, allora, altrimenti metteremo fine anche alle tue idiozie religiose", disse l'uomo che era a capo di quei selvaggi a cavallo. "Basta con quei tuoi incontri di preghiera; se ti becchiamo un'altra volta a organizzarne uno, ti faremo la stessa cosa che abbiamo fatto a David!".

Ci fu una pausa, durante la quale il gruppo di schiavi rimase terrorizzato guardando il proprio conduttore. Alzando le mani giunte verso il cielo, Moses si inginocchiò a terra, proprio sotto la testa del martire suo compagno, e disse solennemente: "Preghiamo". Subito tutti si misero in preghiera e prima che i bianchi si fossero riavuti dalla sorpresa, la voce del valoroso soldato della croce si levò in maniera chiara nel silenzio generale, chiedendo a Dio di benedire tutti i massa buckra, di far loro conoscere il Signore Gesù Cristo e di salvare le loro anime. I proprietari di piantagione ascoltarono in silenzio e quando terminò la preghiera, se ne andarono senza dar seguito alle loro minacce.

Numerosi casi di brutalità, abusi sessuali, imprigionamenti, fustigazioni e assassinii furono raccontati da missionari e osservatori, durante il periodo che andò dal 1802 al 1834, quando la schiavitù fu abolita in tutto l'impero britannico. In Giamaica ciò accadde solo il 31 luglio del 1838.

Le speranze di Liele e dei suoi compagni di ottenere sostegno e ministri ben preparati furono finalmente esaudite. I fratelli battisti d'Inghilterra inviarono John Rowe e sua moglie, che sbarcarono a Montego Bay il 23 febbraio 1834. In quel tempo in Giamaica c'erano 8.000 battisti, tra schiavi, uomini liberi e bianchi. Tra il 1814 e il 1832 i missionari inglesi diedero il loro contributo alla nascita della missione in Giamaica: il numero di convertiti salì da 8000 a 20.000.

Il capitolo finale nella vita di George Liele fu segnato dall'opera del rev. William Knibb, missionario in Giamaica. Ai missionari, oltre all'ottenimento di una licenza di predicazione, che doveva essere concessa dal magistrato, le rispettive società missionarie richiesero di astenersi da qualsiasi discorso politico. I piantatori sentivano che il messaggio di liberazione contenuto nel vangelo avrebbe messo in subbuglio i fondamenti sociali ed economici dai quali dipendevano le istituzioni locali. Dal 1814 al 1831 i missionari e gli schiavi continuarono, a rischio delle proprie vite, a profondere i propri sforzi nell'ascolto e nella divulgazione del Vangelo. Uno sciopero fallito da parte degli schiavi, capeggiato da Sam Sharpe, diacono battista di Montego Bay che intendeva sostenere il tentativo di introdurre un progetto di legge in merito all'abolizione della schiavitù, degenerò e si trasformò in una sommossa di schiavi. Si susseguirono distruzioni, incendi, assalti a proprietà private. Per rappresaglia, fu dichiarata la legge marziale e la Milizia impiccò migliaia di schiavi. Molti fratelli battisti furono accusati di essere i leader dei ribelli e furono processati.

Sam Sharpe fu pubblicamente impiccato, mentre i missionari Knibb, Abbot, Whitehorn, Gardner e Burchell vennero chiamati in giudizio con l'accusa di tradimento e ribellione; furono pubblicamente umiliati, calunniati e minacciati di morte.

Questa esperienza, invece di scoraggiarli e fermare la loro opera evangelistica, rafforzò in loro la determinazione di vedere abolita la schiavitù in Giamaica: William Knibb, infatti, nel giugno del 1832 fece ritorno in Inghilterra, patrocinando personalmente davanti ai credenti inglesi la causa degli schiavi oppressi. Dopo la rivolta, le condizioni degli schiavi erano peggiorate e le chiese battiste erano state distrutte. Durante una riunione pubblica nella Spa Fields Chapel (a Londra) il 21 giugno del 1832, Knibb disse all'assemblea: "Sono qui come il debole e indegno difensore di 20.000 battisti in Giamaica che oggi non hanno locali di culto dove incontrarsi, essendo state demolite le loro cappelle...Credo, e confesso apertamente la mia opinione, che la gran parte di questi ventimila credenti sarà fustigata ogni volta che verrà trovata a pregare. Supplico, per amore di Gesù - la cui missione fu, ed è, quella di fasciare le piaghe dei cuori spezzati, di proclamare libertà ai prigionieri e l'apertura del carcere a quelli che sono legati - che il Signore apra gli occhi di tutti i credenti britannici, per vedere il male della schiavitù e per cancellarla dalla faccia della terra".

 Accompagnato dal compagno Burchell, Knibb attraversò tutta l'Inghilterra, dando voce alla coscienze offese degli schiavi, finché il Parlamento, nell'agosto del 1833, approvò un progetto di legge nel quale si rendeva noto che, a partire dal 1 agosto 1834, tutti gli schiavi del Commonwealth britannico dovevano essere liberati, istituendo parallelamente un sistema di apprendistato che durava  sette anni. Gli abusi del sistema causarono però degli slittamenti nella sua applicazione. Finalmente, il 31 luglio del 1838 fu l'ultimo giorno di schiavitù dell'impero britannico.

In Giamaica, allo scoccare di quella mezzanotte, il missionario Knibb, esprimendo trionfalmente il ringraziamento a Dio dei missionari e degli schiavi, disse: "Il Mostro sta morendo, il Mostro sta morendo, i negri sono liberi!".

 Liele non riuscì a vedere il giorno della libertà: morì nel 1828.

Ordinato in una chiesa bianca nella contea di Burke, in Georgia, questo schiavo negro reso libero aveva radunato la prima chiesa di colore su suolo americano a Silver Bluff (Gaulphin's Mill), nel Sud Carolina. Sebbene non fosse sostenuto da nessuna chiesa o denominazione, divenne il primo missionario protestante partito dagli Stati Uniti che fondò una missione estera, dieci anni prima che William Carey partisse dall'Inghilterra. Sostenitore degli inglesi, come il suo padrone, durante la guerra d'indipendenza, aveva fondato la prima chiesa dissidente della Giamaica, colonia inglese usata serbatoio di schiavi.

Uomo senza istruzione formale, George imparò a leggere la Bibbia e divenne un predicatore di una tale efficacia che, come abbiamo visto, in sette anni convertì a Cristo 500 schiavi. Anche se era nato schiavo in Virginia, i suoi illustri trascorsi di patriota e predicatore ebbero un peso determinante nell'abolizione della schiavitù nella sua terra adottiva, la Giamaica.

Alcuni dei suoi convertiti divennero predicatori che fondarono chiese a Savannah (in Georgia), nella Nuova Scozia, nella Sierra Leone e in Giamaica.

Colui che era stato egli stesso schiavo, reso libero per annunciare la gloriosa liberazione operata dal suo Signore, portò i frutti del vangelo a migliaia di negri che impararono ad amare il suo Signore e accettarono la sua salvezza.

Il profeta negro della liberazione ispirò molti coraggiosi servitori del Signore a condurre il suo popolo nella terra promessa della libertà.

 

     
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