Data di pubblicazione : 13/12/2013

Hδονή

(hédoné)

«... e restano soffocati dalle preoccupazioni, dalle ricchezze e dai piaceri della vita...». Luca 8:14

Da hedos, piacevole ai sensi. Il termine indica la continua ricerca del piacere sensuale ⁽¹⁾, caratterizzata da desideri fisici costantemente insoddisfatti e inappagati.  Ricorre solo 5 volte nel Nuovo Testamento (qui, in Tito 3:3, Giac. 4:1-3; 2 Pie. 2:13). Da questa parola deriva "edonismo" che, per definizione, è la concezione filosofica secondo la quale il fine dell'azione umana è il piacere. In altre parole, una cosa, una persona o un'esperienza, hanno valore solo nella misura in cui procurano piacere.

La parola aveva un significato molto positivo e generalmente si riferiva a ciò che era piacevole, divertente o invitante e designava le cose gradevoli al palato. In seguito venne applicata non soltanto a ciò che era gustoso, ma anche alle cose piacevoli a ognuno dei cinque sensi: alla vista (quindi tutto quello che era visivamente bello, come l'arte, la natura, le persone), all'udito (come la musica, il tono tranquillizzante di una voce, i suoni della natura), all'olfatto (come il piacevole aroma di una dolce o di una pietanza o il profumo dei fiori), al tatto (come una delicata carezza, un tessuto pregiato o il piacere sessuale) e al gusto (cioè il significato originale, il piacere nel mangiare un cibo o nel bere una bevanda).

In sostanza, la parola comprendeva "tutto quello che è gradito, o dava piacere, ai sensi". Nel tempo, venne a significare "piacere sensuale", sempre con riferimento ai cinque sensi, e infine, le venne attribuito il significato più ristretto di soddisfazione sessuale. La parola non ha mai perso il suo significato generale di "piacere sensuale", inteso come piacere dei 5 sensi.

L'altra caratteristica dominante del termine era designare ciò che è temporaneo, di breve durata e che quindi va continuamente ricercato. Nella sua connotazione negativa, venne a definire quelli che si davano interamente a soddisfare le voglie della "carne", ossia dei sensi fisici, non curandosi delle realtà spirituali.

Nell'A.T. il termine viene usato solo due volte, con il significato originale di  piacevole al gusto. (Num. 11:8; Prov. 17:1). Nella versione dei LXX, in Num. 11:8, si  allude a ciò che è "soddisfacente" per il gusto, cioè alla manna. Quello che è interessante notare, e che è molto diffuso nella tradizione ebraica, è che la  "manna" ebbe la capacità unica di soddisfare tutti i gusti individuali, talché tutti la ritennero "piacevole" per il palato.

Ora, che si tratti di una tradizione o di un vero miracolo di Dio, il messaggio è che il nostro Padre ha dato alla Sua parola la capacità esclusiva di soddisfare i nostri gusti individuali, e di essere "piacevole" per ciascuno di noi, appagando le nostre esigenze spirituali.

Ancora, secondo l'insegnamento rabbinico, i "piaceri sensuali" sono visti come qualcosa che va controllato, altrimenti, come avverte Tito 3:3, diventeranno i nostri padroni, e saranno loro a controllare noi. Per un rabbino, i piaceri sensuali possono essere controllati con lo studio della Torah, mentre per noi cristiani, è la Parola di Dio, per mezzo dello Spirito di Dio dentro di noi, che ci dà un tale autocontrollo.

L'insegnamento rabbinico ha una illustrazione molto appropriata: i piaceri incontrollati sono come uno straniero di passaggio: una volta invitati, diventano ospiti, da ospiti ricevono poi il permesso di trattenersi e alla fine prendono il sopravvento, diventano i padroni di casa e noi i suoi servi.

Nel passo di Luca, la parola di Dio è unica e potente, ed è concepita per darci "piacere", accontentando ogni gusto personale. Dobbiamo prediligere la Parola, piuttosto che i piaceri passeggeri del mondo, che soddisfano solo i sensi fisici, ma non soddisfano i desideri dello spirito.