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Isolotto di MegarideLe origini di Napoli affondano in una serie di assurde leggende pagane diverse tra loro. Al centro, comunque, di ogni versione c'è sempre lei: la sirena Partenope, una creatura leggiadra per metà donna e per l'altra metà uccello o pesce. La leggenda più quotata è quella che un tempo, l'isoletta di "Li Galli"(di fronte Positano) fosse l'omerica "isola delle Sirene" sulla quale le navi dell'antichità andavano a frantumarsi, perché i marinai, estasiati dal canto delle sirene, perdevano l'intelletto. Soltanto Ulisse il famigerato eroe dell'Odissea, riuscì a salvarsi: egli desiderava essere ammaliato ma per evitare di finire a fondo, impose alla sua ciurma di turarsi le orecchie con la cera e si fece legare all'albero maestro della sua imbarcazione. Così Ulisse impazzì per il canto delle sirene, ma riuscì a salvare la sua barca e il suo equipaggio da un disastroso naufragio. Questa tattica provocò un profondo dolore nel cuore di Partenope, la quale si suicidò, e le sue spoglie andando alla deriva si scagliarono sull'isoletta di Megaride (l'attuale Borgo marinaro e Castel dell'Ovo). Secondo la leggenda qualcuno provvide alla sua sepoltura sull'isola, e tale leggenda con gli anni è stata creduta realtà, al punto tale che qualche secolo fa alcuni napoletani, assurdamente, scavarono in profondità nel Castel dell'Ovo per ritrovare le reliquie della fondatrice di Napoli.

Anche la storia comunque porta alla ribalta il nome di Partenope, una delle informazioni meno astratte di cui siamo a conoscenza ci dice che Partenope era una bellissima fanciulla, figlia di un condottiero greco di nome Eumelo Falevo, il quale armò una flotta di guerrieri e partì dalla Grecia alla volta della costa compresa tra Capo Miseno e Punta Campanella per stabilirvi una colonia. Il viaggio fu abbastanza disastroso perché, prima di giungere a destinazione, la flotta si ritrovò protagonista di una violenta tempesta che provocò la morte di numerosi suoi uomini e della stessa Partenope. Il nome poi dato alla città è un atto di omaggio alla memoria della bellissima fanciulla da tutti ben voluta. Che ciò sia vero, non si può accertare con sicurezza, tuttavia gli storici sono concordi nell'affermare che qualcosa di reale ci sia in questa storia.
In base agli scarsi dati storici di cui si dispone è difficile poter dire con esattezza quale sia il periodo nel quale i greci si inserirono a Napoli, ma probabilmente il primo inserimento greco in Campania fu l'isola di Pithecusa (Ischia) nel secolo IX a.C., poi si trasferirono a Cuma e solo nel IV secolo a.C. fondarono Partenope sull'isoletta di Megaride, che nel principio fu solo un centro commerciale.


Nel 470 a.C. dopo alcune guerre tra Etruschi e Cumani, fu fondata una vera e propria città ad oriente, nell'attuale centro storico, chiamata Neapolis (città nuova), per distinguerla da Palepolis (città vecchia). I greci insidiati a Napoli pur essendo degli esperti guerrieri, volevano solamente godersi in pace la nuova splendida patria, nello scenario del golfo più bello del mondo.
Si abbandonavano quindi ai canti conviviali e d'amore, alle attività artigianali producendo grandi capolavori di scultura, pittura e di ceramica che venivano poi esportate in tutto il mondo.statua del dio Nilo
Il popolo greco era molto religioso ed ogni attività della vita umana aveva un proprio dio protettore: Zeus: padre e monarca di tutti gli dei e degli uomini; Era: moglie di Zeus e regina degli dei; Ade: sovrano del regno sotterraneo dei morti; Afrodite: dea della bellezza, amore e fecondità; Apollo: dio guerriero e guaritore, signore della danza, della musica e delle divinazioni; Ares: dio della battaglia; Artemide: regina della natura selvaggia e degli animali; Demetra: dea delle comunità agricole; Dionisio: dio della forza produttiva della terra e del vino; Poseidone: dio del mare e delle acque; Efesto: dio del fuoco; Ermes: messaggero degli dei e protettore dei viaggiatori; Castore e Polluce figli di Zeus chiamati perciò Dioscuri il cui tempio sorgeva nel centro dell'Agorà nell'attuale Piazza San Gaetano dove oggi c'è la chiesa di San Paolo Maggiore. A questi bisogna aggiungere divinità orientali tra cui Mitra e divinità egiziane tra le quali il dio Nilo, adorato da una comunità egiziaca residente nell'attuale zona Nilo, la  si erge ancora oggi impetuosa all'inizio di Via San Biagio de Librari da circa 1800 anni, chiamata dai napoletani "o Cuorpo ‘e Napule".


I primi neapolitani adoravano tali dei con tutto il loro cuore ed il loro sguardo era sempre rivolto al sacro monte Olimpo, che per i greci era la sede degli dei. È molto triste pensare che questi dei sono i precursori dei santi cattolici ancora oggi venerati e adorati.

Qualche esempio chiarirà la nostra tesi: le statue di Apollo e Minerva di Mergellina sono state ribattezzate dai primi cattolici come David e Giuditta; la festa in onore di Mitra che si celebrava nella grotta di Priapo, che consisteva in orgie orribili è stata sostituita dall'altrettanto orrenda festa "cristiana" di Piedigrotta; San Giuseppe è il sostituto del dio egiziano Osiride e la stessa "zeppola" deriva da una corona di alloro che indicava i sacerdoti di tale divinità senza poi considerare che San Gennaro è il sostituto più degno di Partenope, il nostro elenco potrebbe continuare all'infinito.
Nel 326 a.C. la potenza romana conquistò Neapolis ed anche se la città conservò le proprie istituzioni, i propri culti (sic!) e la propria lingua, in breve le divinità romane entrarono anch'esse nella vita quotidiana dei neapolitani mescolandosi con quelle greche ed egizie. Le divinità romane erano pressappoco le stesse dei greci, differenziavano però i nomi che furono loro attribuiti, presi in prestito dal sistema solare: Giove, Venere, Saturno, Mercurio ecc. ecc.


Neapolis fu l'anello di congiunzione principale tra Roma e la Magna Grecia, infatti fra le due potenze si instaurò un legame di profonda e sincera amicizia, Roma governava politicamente e i greci culturalmente. Roma era affascinata dalla cultura greca e, per poter assimilare le concezioni e la mentalità si servì proprio di Neapolis, conferendole il ruolo di "mediatrice" e di "filtro".
Sappiamo che quando Gesù morì, il potere politico era prettamente romano, mentre la cultura dominante era greco - ellenista. Questi due fattori favorirono grandemente la diffusione del messaggio evangelico, quindi ci piace sottolineare che anche Neapolis è stata un importante tassello per giungere "alla pienezza dei tempi" (cfr. Galati 4:4). In uno scenario così pagano a breve tempo sarebbe arrivato il messaggio salvifico di Cristo.
Nei giorni della morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, l' imperatore romano Tiberio (42 a.C. - 37 d.C.) si trovava felicemente a Capri, godendo delle bellezze naturali di quest'isola; egli aveva un passaggio segreto che si immetteva direttamente nella Grotta Azzurra. In seguito Ponzio Pilato lo informò di tutti gli avvenimenti verificatisi in Giudea riguardanti Cristo.


Tiberio si mostrò favorevole al culto di Cristo, inserendolo nel vasto numero degli dei romani e parlandone con il senato, ma il senato non avendo sicurezze respinse la proposta di Tiberio.
Nonostante ciò il culto a Cristo si diffuse rapidamente in tutte le province dell'Impero Romano e quindi anche a Neapolis, per molti Cristo fu inserito nel vasto numero di dei greci e romani, ma grazie all'azione dello Spirito Santo qualcuno comprese il Suo messaggio di salvezza. Il nuovo verbo fece particolarmente presa tra umili e diseredati, schiavi, servi, liberti, i quali anelavano alla libertà e ascoltando la predicazione della sana dottrina, trovarono quel senso di umanità e giustizia che collimava con le loro più riposte speranze.
Per gran parte della popolazione il messaggio evangelico non ebbe però alcun effetto, presi com'erano dall'adorare i vecchi dei pagani, o altre divinità assimilate; dalla mitologica Partenope al poeta Virgilio, il quale si innamorò a tal punto di Napoli che non volle più andarsene trasformando se stesso in una leggenda, che fu a lungo coltivata tra gli strati umani più poveri.

Vedremo ora qualche caratteristica della Chiesa primitiva a Neapolis.

Sergio Cristofori

 

     
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