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Forte rocca è il nostro Dio

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Lutero illustra le sue 95 tesi appena affisseCirca  10 anni dopo aver affisso le sue “95 tesi” sulla porta principale della Schlosskirche contro la vendita delle indulgenze (evento che caratterizzò di fatto l’inizio della Riforma Protestante), Lutero attraversò un difficile momento della sua vita, durante il quale fu malato e depresso. Egli stesso definì quel triste periodo “la buia notte dell’anima”. Scrisse, tra le altre, queste parole al suo amico Filippo Melantone: “Sono disperato. Ho trascorso più di una settimana tra la morte e l’inferno”.  Più che dall’infermità fisica, dal timore della malattia o dalla debolezza del corpo, la depressione di Lutero era causata da qualche altra cosa. Nella lettera a Melantone, aggiunse: “Completamente abbandonato da Cristo, mi agitavo in preda alle esitazioni e alle tempeste dell’abbattimento e della bestemmia contro Dio”.

Lutero evidentemente non aveva sperimentato solo la malattia fisica ma anche la ribellione spirituale. Dopo alcune settimane di travaglio interiore e fisico, poté affermare “Finalmente, grazie alle preghiere dei santi, Dio riprese ad avere pietà di me e tirò fuori dal baratro infernale l’anima mia”. Fu in quella circostanza, era il 1529, che Lutero scrisse il più noto dei suoi 37 inni, conosciuto come “Forte rocca è il nostro Dio” (titolo originale: Ein’ feste Burg ist unser Gott). Uno storico ha detto: “Quell’inno è più di un capolavoro musicale: è un evento che segna la storia europea!”.  Come è facilmente osservabile, l’inno si basa sul salmo 46 ed è divenuto il grido di battaglia del movimento protestante. La maestosità del testo ha sempre infuso forza e ispirazione a tutti quelli che sono oppressi a causa della loro fede. Le strofe di questo inno sono state tradotte praticamente in tutte le lingue; è considerato uno dei più nobili e classici esempio dell’innologia cristiana.

Lutero aveva un’alta opinione della musica. In una occasione scrisse: “Non permetterei ad alcun uomo che non abbia una adeguata conoscenza dell’uso e della potenza del canto sacro, di predicare o di insegnare al popolo di Dio”.

E possiamo riscontrare l’adeguatezza di queste parole in uno dei tanti episodi che hanno contraddistinto la storia dei movimenti di risveglio evangelici: nel 1720 ci fu un notevole risveglio spirituale in una cittadina della Moravia. I Gesuiti del posto fecero forte opposizione: le riunioni vennero proibiti e i partecipanti erano imprigionati in stalle e sotterranei. In particolare, nella casa di Da­vid Nitsch­mann, un falegname e missionario ceco, dove erano riunite circa 150 persone, la polizia fece irruzione e sequestrò tutta la letteratura cristiana presente. La congregazione, per nulla intimorita, in risposta a quella provocazione si mise a intonare le strofe di “Forte Rocca è il Nostro Dio”:

 

“E se anche questo mondo pieno di demoni, minacciasse di distruggerci, non temeremo, perché Dio ha voluto che la Sua verità trionfasse per mezzo di noi”.

 

Frederic Henry Hedge

Benché esistano almeno 80 traduzioni di quest’inno, la più comune è quella utilizzata negli Stati Uniti, tradotta nel 1852 da Frederic Henry Hedge.

Il primo rigo dell’inno fu inciso sulla tomba di Lutero, a Wittemberg e le sue potenti parole continuano a risuonare: “Forte rocca è il nostro Dio” è stato infatti cantato anche al funerale del presidente statunitense Dwight D. Eisenhower, tenutosi nella National Cathedral di Washington D.C., nel marzo del 1969.

Fu inoltre intonato durante il National Service of Prayer and Remembrance tenutosi il 14 settembre 2001, in ricordo delle vittime degli attentati islamici al World Trade Center e al Pentagono.

 

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