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Parte terza

Il secondo sorteggio

 

Il sacerdote che doveva raccoglierne il sangue e spanderlo sull’altareRitornando dall'appartamento della pietra levigata, dopo che erano state disposte le pile di legno in cima all'altare, i sacerdoti si radunavano un'altra volta in presenza dell'incaricato per partecipare al secondo sorteggio quotidiano, che decideva a chi dovessero essere assegnati gli altri servizi relativi al sacrificio e all'offerta del tamid, il sacrificio perpetuo.  Il responsabile procedeva all'estrazione a sorte per stabilire:

  • il sacerdote che doveva uccidere il sacrificio
  • il sacerdote che doveva raccoglierne il sangue e spanderlo sull'altare
  • il sacerdote che doveva rimuovere le ceneri in eccesso dall'altare dell'incenso, all'interno del santuario
  • il sacerdote che doveva prendersi cura degli stoppini del menorah (il candelabro a sette bracci, simbolo della nazione d'Israele), pulendo gli scodellini dall'olio usato e dalla cenere
  • quale dei sei sacerdoti interessati doveva portare le parti del sacrificio verso la rampa dell'altare
  • il sacerdote che doveva portare il fior di farina con cui accompagnare l'oblazione da offrire sull'altare
  • il sacerdote che doveva sollevare l'oblazione del Sommo Sacerdote
  • il sacerdote che doveva spandere l'offerta sacrificale del vino.

In tutto, il sorteggio designava tredici sacerdoti ed era eseguito secondo questo schema: al sacerdote fissato mediante il sistema del numero predeterminato toccava il primo compito, l'uccisione del sacrificio. L'assegnazione dei compiti successivi veniva stabilita in base alla vicinanza dei partecipanti al vincitore, secondo il concetto di primo, secondo, terzo e così via. Così, il primo sacerdote uccideva l'animale da sacrificare, quello immediatamente alla sua destra ne riceveva il sangue raccolto nel vaso apposito e lo spargeva sull'altare. Il terzo in successione riceveva il prossimo incarico, cioè quello di rimuovere le ceneri dall'altare dell'incenso, il quarto aveva il privilegio di pulire il menorah.

Adesso esaminiamo passo passo ciascun aspetto del servizio.

Subito dopo il sorteggio, gli ultimi due sacerdoti menzionati, quello dell'altare dell'inI sacerdoti si affrettavano a preparare sé stessi e gli utensili richiesti per eseguire i rispettivi compiticenso e quello del menorah, si affrettavano a preparare sé stessi e gli utensili richiesti per eseguire i rispettivi compiti, cioè un cestello dorato della capacità di 2 kavim e mezzo (circa 5 litri e mezzo), un contenitore per l'olio a forma di grande calice per il vino, sempre dorato, e due chiavi. Le chiavi venivano date al levita portiere di turno.

Ai leviti era affidata la custodia di tutte le porte del Tempio.

Ai leviti era affidata la custodia di tutte le porte del Tempio. Erano designati da un responsabile chiamato "Ben Gever", incaricato di aprire le porte la mattina e di chiuderle di sera. Queste erano le due chiavi per il grande portone del Santuario. Su entrambi i lati c'erano due piccole aperture, simili ai varchi che dall'appartamento del fuoco conducevano nel cortile (vedi prima parte). Una era a nord, sul lato destro delle porte, e una a sud, sulla sinistra. L'apertura a sud non veniva mai aperta e nessun uomo poteva oltrepassarla. Doveva rimanere chiusa, a testimonianza del fatto che solo il Santo poteva varcarla (Ezec. 44:2).

Adesso riteniamo sia giunto il momento di dare qualche ragguaglio in più su alcune importanti figure nel servizio sacro: gli "ufficiali" del Tempio.

 Oltre al Sommo Sacerdote c'era il Sagan, o secondo sacerdote (1), due Katholikin (2), con la funzione di capi tesorieri e ispettori, sette Ammarcalin (o Immarcalin), alle dipendenze dei Katholikin  e incaricati di tutti gli ingressi, e tre Gizbarin (vedi Esdra 1:8) nella veste di sottotesorieri, che fungevano anche da assistenti degli Ammarcalin. Questi quattordici ufficiali formavano l'assemblea permanente del Tempio che disciplinava tutte le questioni e i servizi relativi al Tempio (vedi Mar. 15:43). Inoltre, esistevano anche dei responsabili di grado inferiore,  ossia i "capi di ciascuna muta" o "turno", che rimanevano in carica una settimana, insieme ai capi delle famiglie di ciascun cambio sacerdotale. A seguire c'erano quindici incaricati o "presidenti", che chiamavano i sacerdoti e il popolo ai rispettivi doveri,  ovviamente alle dipendenze degli Ammarcalin.  

Essi erano:

1.     Il responsabile dei tempi, che quando era il momento di cominciare il servizio, gridava: "Sacerdoti, al vostro servizio. Voi leviti, alle vostre panche, a cantare! E voi israeliti, al vostro posto!" (vedi prima parte).

2.     Il responsabile della chiusura delle sette porte dei cortili, il cui ordine dava il segnale di aprire e chiudere i portoni e di far squillare le trombe.

3.     Il responsabile delle guardie, detto anche l'uomo della montagna della casa, che controllava i leviti addetti alla sorveglianza e se ne trovava qualcuno a dormire, lo bastonava e gli incendiava il mantello.

4.     Il responsabile dei coristi, che stabiliva i cantori e i suonatori di tromba.

5.     Il responsabile dei cembali, che selezionava gli strumenti a corda.

6.     Il responsabile del sorteggio, di cui si è già parlato.

7.     L'addetto all'uccellame, che si interessava di procurare le tortore e i piccioni necessari a quelli che offrivano tali donazioni (Lev. 5:7-10), versandone il ricavato  ai  tesorieri.

8.     L'addetto ai sigilli, che consegnava una specie di talloncino agli offerenti. C'erano quattro tipi di questo contrassegno sui quali erano stampate quattro parole diverse e cioè:  egel, vitello,  zakar, maschio, gedyyah, capretto e chata, peccatore.

I talloncini venivano usati in questo modo: chiunque portasse un sacrificio che richiedeva anche una libazione, andava da questo responsabile che, esaminata l'offerta, stabiliva quale oblazione liquida le andasse associata, secondo la legge mosaica, rilasciando una sorta di scontrino su cui c'era una scritta che indicava la natura del sacrificio. Si trattava di un montone? Il talloncino recava la scritta: MASCHIO. Era un'offerta per il peccato? La scritta era PECCATORE.

9.     Il responsabile delle libagioni, che provvedeva a dare a ogni offerente l'offerta liquida corrispondente, secondo la contromarca rilasciata dall'addetto ai sigilli.

10.            Il responsabile degli infermi. Era una specie di dottore del Tempio. Il servizio sacro esigeva che i vari sacerdoti stessero a piedi nudi e con vestimenti leggeri; inoltre, essi mangiavano molta carne, cibo che, in un clima caldo come quello mediorientale, non era molto favorevole. Di conseguenza, gli officianti erano spesso soggetti a raffreddori, coliche e simili indisposizioni.

11.            Il responsabile dell'acqua, che si occupava del rifornimento e dello smaltimento idrico. Pare che Nicodemo, se è lo stesso personaggio menzionato nel Talmud, fosse responsabile dell'approvvigionamento idrico del Tempio.

12.            Il responsabile dei pani di presentazione.

13.            L'incaricato della preparazione dell'incenso.

14.            L'addetto alla produzione dei veli.

15.            Il responsabile del confezionamento degli abiti sacerdotali.

Se piacerà al Signore, in un articolo a parte approfondiremo la figura del Sommo Sacerdote.

Ciascuno dei summenzionati responsabili aveva poi altro personale alle proprie dipendenze, scelto apposta per la corvée giornaliera o permanentemente: per farla breve, il servizio nel Tempio richiedeva il lavoro di parecchie persone (3).

Dopo questa rapida ma necessaria parentesi, ritorniamo al nostro soggetto.

Le porte dell'edificio sacro venivano serrate dall'interno e quindi bisognava passare attraverso le porte secondarie dall'interno. Il levita incaricato di aprire il santuario prendeva le chiavi dai sacerdoti e, aprendo la piccola porta sulla destra, accedeva prima in un vestibolo e poi nell'area del luogo sacro stesso.

Raggiungendo le porte principali, dopo aver spostato il chiavistello e aperto i catenacci, spalancava le porte. Quest'atto aveva un grande significato simbolico: il sacrificio del mattino non poteva essere ucciso e preparato per l'offerta sull'altare fino a che non fossero aperti i battenti principali del Tempio. Il sacerdote delegato a questa funzione non dava inizio all'offerta se prima non udiva il cigolare delle grandi porte che si aprivano. Anzi,  i rabbini affermavano che ogni sacrificio andava fatto solo quando le porte erano aperte, in ossequio a Lev. 3:2.

Ingresso del tempioDopo aver aperto i battenti, l'addetto diceva ai sacerdoti:  "Qualcuno salga in un luogo elevato del Tempio e controlli se è giunto il tempo di offrire il sacrificio mattutino". La tradizione rabbinica infatti affermava che era importante accertarsi che la notte fosse passata e che fosse ormai giorno, per offrire il sacrificio e  siccome il comandamento di offrire il sacrificio quotidiano diveniva attuabile appena spuntava il giorno, i sacerdoti del Tempio non volevano mostrarsi solleciti a prepararlo troppo presto, quando era ancora notte, ma neanche desideravano incorrere in qualche ritardo, una volta giunta l'ora giusta. Se la notte era cominciata a declinare, la sentinella gr idava: "Barkai! (4) Il giorno è sorto!". Ma era ancora troppo presto per dare inizio al sacrificio quotidiano. Dopo il grido di Barkai, che annunciava il primo spuntare dell'alba, i sacerdoti dovevano attendere il secondo segnale, quello col quale la sentinella annunciava: "Tutto l'orizzonte è illuminato!",  al che uno del popolo che stava di sotto gridava: "Il bagliore si estende fino a Hebron?" Se il custode rispondeva sì, era il momento giusto per il sacrificio della mattina e le porte del santuario venivano aperte.

 

Continua ...

 

     
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