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Data di pubblicazione : 06/02/2013

 

James Madison Pendleton

(1811-1891)

  James Madison Pendleton


CRISTO PROPIZIAZIONE PER I PECCATI


 

 In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati. 1 Giov. 4:10


    Se non fossero state ispirate da Dio, non crederei a queste parole. E chi potrebbe crederci? La singolarità e la grandezza dell'amore che propongono potrebbero indurre ad essere scettici. La prova dell'amore potrebbe esser ritenuta immaginaria, non concreta, e il fatto della propiziazione, per la sua connaturata grandezza trascendente, presenterebbe difficoltà insormontabili per qualsiasi fede. Però è Dio che parla e, al suono della sua voce, l'incredulità svanisce, la prova del suo amore assume in sé un maestoso carattere definitivo e la propiziazione, sebbene rimanga un mistero insondabile, diventa una gloriosa realtà.

Il mio soggetto è:


CRISTO PROPIZIAZIONE PER I PECCATI

 


Voglio richiamare la vostra attenzione sui seguenti punti:


1. La necessità di una propiziazione.

Perché è necessaria? La risposta più generica è perché Dio è santo e l'uomo è peccatore. La santità di Dio è la sua gloria eccelsa. Essa rappresenta la suprema eccellenza del suo carattere e racchiude tutte le perfezioni morali che la riguardano. Dalla santità di Dio sorgono necessariamente l'odio e la repulsione verso il peccato. Dio deve detestare qualunque cosa contrastante con la purezza della sua essenza e siccome il peccato va contro la sua natura, Egli lo ha in abominio. L'antagonismo tra santità e peccato è concreto: non può esserci alcun compromesso. Tutta la Bibbia insegna che l'uomo è peccatore e la storia conferma pienamente questo insegnamento. Come può un Dio santo rimanere in armonia con l'uomo peccatore e avere comunione con lui? Da qui la necessità di una propiziazione, attraverso la quale l'uomo è giustificato e santificato. È opportuno considerare entrambi gli aspetti della salvezza. La colpa passata andava nascosta per mezzo della giustificazione; tuttavia, ciò in sé stesso non sarebbe stato sufficiente, giacché un cuore non rigenerato ritornerebbe a peccare. Qui io uso il termine santificazione come inclusivo di tutto, tanto il processo morale che ha il suo principio nella rigenerazione, quanto il suo compimento nella perfetta corrispondenza al modello della santità. Qualcuno si domanda perché non potrebbe esserci stata salvezza senza propiziazione? Io rispondo che una tale salvezza mostrerebbe il carattere di Dio in una luce assai imbarazzante. Si ripercuoterebbe sulla sua saggezza, sulla sua veracità, sulla sua giustizia, sul suo amore e, di conseguenza, sulla sua santità. In quel caso, vorrebbe dire che la saggezza non si è interrogata al meglio sugli interessi del creato; la veridicità divina diverrebbe criticabile, la giustizia perderebbe la sua inflessibile fermezza, l'amore degenererebbe in un cieco favoritismo nei confronti dell'uomo, indipendentemente da altri ordini di esseri, e la santità perderebbe la sua luminosità e la sua gloria. In altri termini, una tale salvezza priverebbe la legge divina della perfezione e favorirebbe la ribellione contro Dio. Essa scuoterebbe il trono di Dio dalle fondamenta e sovvertirebbe ogni principio del governo divino. Senza propiziazione per i peccati, non c'è salvezza degna di Dio.

2. In Cristo abbiamo la necessaria propiziazione.

Egli è Dio fatto uomo. La sua deità era indispensabile perché diventasse una propiziazione, che a sua volta fu necessaria perché Egli si sostituisse a noi. Il Creatore non avrebbe potuto prendere il posto delle creature, ma nessuna creatura può sostituirsi a un'altra creatura. La ragione è ovvia: tutte le creature, in virtù della loro relazione con Dio, sono sotto l'obbligo di amarlo e servirlo al massimo della loro capacità. Con tutto il tuo maggior potere è il linguaggio della legge che esprime le sue pretese su tutta la creazione. Quindi, nessun angelo può agire al posto di un uomo, poiché qualsiasi cosa egli possa fare gli è dovuta, nei confronti di Dio. Allo stesso modo, nessun uomo può mettersi al posto di un altro uomo. Ora, se Gesù Cristo è una creatura, se, come affermava Ario, è "simile a Dio, ma non è Dio", allora, avendo un rapporto di semplice creatura con il Creatore, Egli sarebbe obbligato a rendere conto a Dio di tutto ciò che fa e questo gli renderebbe impossibile il sostituirsi agli altri. Invece, la gloria del cristianesimo sta nel fatto che il suo Fondatore è divino. La Parola che era nel principio con Dio era Dio. Egli era sottoposto alla legge, ma non lo fu fino al momento in cui Lui stesso non le si assoggettò, come pure non fu uomo se non quando venne a nascere da una donna.

Prendendo volontariamente su di Sé le responsabilità legali di quelli che era venuto a salvare, ubbidì ai comandamenti e sopportò la condanna della legge al posto loro. Grazie alla sua sottomissione e alla sua morte - perché fu ubbidiente fino alla morte - fece l'espiazione per il peccato. Questa espiazione, definita dal testo che abbiamo letto come una propiziazione, appagò le istanze della legge e confermò la sua maestà al cospetto di tutti i mondi. La legge, essendo giusta, esige sia che vengano soddisfatte le sue richieste che le relative domande della giustizia. È in virtù del fatto che Cristo è stato stabilito quale propiziazione, che Dio può essere giusto e giustificante quelli che credono. Per loro, Cristo diventa il fine della legge per la giustizia. Il motivo è che la legge ottiene piena soddisfazione nella sua morte espiatrice. Vediamo dunque che in Cristo abbiamo la necessaria propiziazione che elimina tutte le barriere legali dalla via di un coerente esercizio della misericordia. Ma esistono anche delle barriere morali, che debbono la propria presenza alla corruzione del cuore, alla sua opposizione e inimicizia nei confronti di Dio e che, se non vengono abbattute, ostacoleranno sicuramente la salvezza, così come farebbero le barriere legali se fossero tollerate.

È una preziosa verità che la propiziazione di Cristo scatena le forze contrapposte alla depravazione dell'uomo. Essa assicura l'azione dello Spirito Santo nel rinnovamento del cuore, conferendo piena importanza e significato all'espressione "nato dallo Spirito". Infatti, l'opera dello Spirito è tanto indispensabile nella rigenerazione di un cuore, quanto lo è il sangue di Cristo nell'espiare il peccato. Né se ne può fare a meno in materia di salvezza. La propiziazione di Cristo unisce la santificazione alla giustificazione. Non solo provvede il perdono dei peccati, ma anche la santità di cuore e di vita. Ecco perché in Rom. 8:3,4 leggiamo: Infatti, ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto; mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne, affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito. Cristo era nella carne simile a carne di peccato, ma rimase completamente libero da esso, nel senso che non fu un peccatore. E Dio, mandandolo a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne, vale a dire nella natura umana che ha peccato. Considerando questi fattori possiamo vedere ampie ragioni per la giustificazione di un peccatore e queste ragioni hanno a che fare con l'affrancamento dalla maledizione della legge. È questo un risultato della propiziazione di Cristo, ma ce n'è un altro indicato nelle parole affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito. Qui per comandamento della legge si intendono senza dubbio i giusti precetti della legge. Tali precetti vengono adempiuti e obbediti dai cristiani in quanto persone nate dallo Spirito, le quali quindi non camminano secondo la carne, ma secondo lo Spirito. Questi precetti interessano il cuore e la vita e la rettitudine di cuore assicura giustizia di vita. Così si vede che in Cristo noi abbiamo la necessaria propiziazione; infatti attraverso di essa sono garantite la nostra giustificazione e la nostra santificazione. Questa propiziazione offre la prova più luminosa del carattere di Dio e promuove i migliori interessi dell'universo. La maestà della legge si scorge nello stesso rimedio per mezzo del quale i suoi tuoni di condanna sono messi a tacere. Il male del peccato e l'odio che Dio nutre nei suoi confronti, si possono vedere nello stesso mezzo attraverso il quale esso viene perdonato, e perciò il modo in cui un peccatore viene perdonato gli infonde il proposito di essere santo di cuore e nella vita. Quali sublimi meraviglie sono queste!

3. Che Cristo sia divenuto una propiziazione è riconducibile all'amore di Dio. Dice bene il testo in questo è l'amore: è come se il discepolo amato avesse detto "Questo è l'amore nella sua suprema manifestazione". Un tale amore non può essere trovato altrove. Che Dio è buono lo dichiarano le opere della creazione in tutta la loro incantevole varietà. E le opere della provvidenza, in tutta la loro enorme diversità, arricchiscono questa dichiarazione. Ma se vogliamo vedere quanto è buono Dio, quanto pieno d'amore è il suo cuore, dobbiamo spostare il nostro sguardo dalla creazione e dalla provvidenza alla redenzione. Dandoci suo Figlio per essere la propiziazione per i nostri peccati, il suo amore ha raggiunto il tetto massimo. Un siffatto dono svuotò i forzieri celesti, così che Dio non dà mai alcun altra cosa che non sia collegata a suo Figlio e per amor suo. Sì, il cielo si ridusse in miseria affinché la terra si arricchisse. Questo fu vero amore, un amore la cui forza e la cui pienezza nessun linguaggio può spiegare adeguatamente. Notiamo insieme alcune caratteristiche di questo amore.

1.   Non fu prodotto da nessuna cosa amabile nell'uomo. L'amore dell'uomo è ispirato da qualche pregevolezza reale o immaginaria che egli ravvisa nel suo oggetto. Non è così con l'amore di Dio. Egli non vedeva che miserabilità e rovina nella condizione umana, nessuna eccellenza, nessuna virtù morale che potesse attrarlo. Tutto era odioso e repellente agli occhi della santità di Dio. Il mondo era in uno stato di inimicizia con Lui e si era ribellato alla sua autorità. Aveva rifiutato lealtà al regno divino ed era schiavo del peccato e di Satana. Cosa c'era di allettante nel carattere morale del mondo da attirare l'amore di Dio? Assolutamente nulla. Eppure, a fronte di questa totale assenza di attrattiva, abbiamo un eccezionale compendio del Vangelo in queste parole: Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Noi non possiamo spiegare perché Dio abbia amato il mondo, perché abbia così tanto amato gli uomini corrotti invece che gli angeli decaduti; sappiamo solo che nell'uomo non c'era niente che fosse degno di essere amato. Fu quindi un amore autogeneratosi, sgorgato spontaneamente dalle parti più profonde del cuore di Dio.

2.   Non fu un contraccambio dell'amore umano. Il testo dice: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi. Secondo il nostro modo di pensare, immaginiamo che se avessimo amato Dio, ciò avrebbe suscitato una reazione da parte sua, in maniera tale che ci sarebbe stata una benedetta scambievolezza. Ma abbiamo visto che non c'è stato nulla del genere, anzi, l'amore è stato ricambiato con l'odio. Non c'è stato alcun amore da ricambiare. Dio non ci ha amati perché noi lo abbiamo amato, ma a dispetto della nostra inimicizia verso di Lui; infatti, noi non lo avremmo mai amato se Lui stesso non avesse suscitato in noi questo amore. L'amore che precede, l'amore nei suoi primi impulsi, si trova solo in Dio. Perciò non ci può esser stato un contraccambio dell'amore dell'uomo. Non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi.

3.   Fu un amore intenso e ardente. Pensate a cosa abbia spinto Dio ad accettare che suo Figlio diventasse uomo e soffrisse. Meditate bene le parole incarnazione e morte. L'amore di Dio lo rese disponibile a permettere che suo Figlio si incarnasse. Noi uomini possiamo avere solo una debole idea di cosa ciò comporti. L'incarnazione del Figlio di Dio richiese la rinuncia temporanea della gloria che Egli aveva presso il Padre da prima che il mondo fosse e il rivestire una natura finita e non solo finita, ma anche alterata dal peccato. Egli apparve in carne simile a carne di peccato, anche se nessuna macchia di peccato fu trovata su di Lui, e congiunse l'umanità con la sua divinità. Era ricco, ma si fece povero. Chi potrebbe dire in che misura fosse ricco e quanto sia divenuto  povero? Ora Dio ha tanto amato la nostra razza corrotta da stabilire che il suo unigenito Figlio si incarnasse e fosse esposto a tutte le rinunce legate all'incarnazione. Fu il suo amore che lo rese disponibile, poiché nient'altro che l'amore persuase la sua volontà. Ma non è tutto: Dio dette suo Figlio pur sapendo che doveva soffrire. Lo dette perché soffrisse e perché le sue sofferenze culminassero con la morte. Lo diede benché sapesse che, sotto la stretta del dolore, nel Getsemani avrebbero riecheggiato le sue grida di angoscia e il Calvario sarebbe stato irrorato col suo sangue. Acconsentì che patisse la morte di croce, una morte ignominiosa, fatta di dolore e di agonia, mentre i dolori della morte fisica erano nulla in confronto con i dolori lancinanti di suo Figlio. L'amore fece sì che Dio fosse disposto a tollerare che il suo Figlio si incarnasse per soffrire tutto questo, perché potesse porre l'ampio e profondo fondamento della redenzione dell'uomo. Non fu questo un amore profondo e appassionato?

4.   Fu un amore universale. Dio amò il mondo e Cristo è l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, mentre lo Spirito Santo convince di peccato il mondo. Tutto ciò mostra che il piano della redenzione ha come oggetto di misericordia la razza umana. Giudei e Gentili condividono le medesime benedizioni dell'amore di Dio. Da sempre gli ebrei erano persuasi che i privilegi del regno del Messia fossero limitati alla stirpe di Abramo, e ci volle un miracolo per convincere l'apostolo Pietro che Dio non ha riguardo alle persone. Paolo, dal canto suo, ci dice che il mistero tenuto nascosto per secoli, e fatto conoscere mediante il Vangelo, era che gli stranieri fossero eredi e membra dello stesso corpo coi Giudei. Il grande mandato è quindi che tutte le nazioni siano fatte discepole di Cristo e che il Vangelo sia predicato in tutto il mondo ad ogni creatura. L'offerta della salvezza è fatta a tutti gli uomini indistintamente, dall'equatore ai poli, e nessun clima è troppo inclemente da rendere inefficace il sangue dell'espiazione che salva dal peccato. Dio è il Salvatore universale, nel senso che ha provveduto e offre la salvezza a tutti gli esseri umani, anche se è il Salvatore speciale di quelli che credono. La genialità dell'economia evangelica mostra che l'amore di Dio è un amore globale.

5.   Questo amore si manifesta glorioso nella salvezza dei redenti. Quelli che vedranno realmente ciò che vide Giovanni in visione, contempleranno una folla immensa davanti al trono proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano. Si saprà che tutti questi redenti un tempo erano nemici di Dio ma che in virtù della sua grazia onnipotente, divennero suoi amici; che un tempo erano condannati, ma che poi furono liberati dalla maledizione della legge, che prima negavano di peccare, ma che poi furono lavati nel sangue dell'Agnello da tutte le iniquità e resi puri come angeli di luce. Sarà manifesto che tutte queste, e simili altre meraviglie, furono rese possibili dall'amore di Dio che mobilitò tutti gli agenti e i mezzi per mezzo dei quali furono compiute. Quanto magnificheranno l'amore di Dio, davanti a tutti gli esseri intelligenti, suscitando la loro lode adorante, queste considerazioni!

6.   Questo amore spiegherà la giustezza della condanna eterna degli empi. Sarà tremendo incorrere nell'ira di Dio, provocata dall'aver trascurato una così grande salvezza provveduta dal suo amore. Che parole solenni sono queste!  Chi trasgredisce la legge di Mosè viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni.  Di quale peggior castigo, a vostro parere, sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà considerato profano il sangue del patto con il quale è stato santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia? Morire senza pietà nel tempo della legge mosaica sarà stato terribile; ma c'è un peggior castigo per coloro che respingono la salvezza di Dio. Li attende tutto ciò che è infinitamente terrificante della collera divina. Strano? Niente affatto. Il mondo era perduto, colpevole, debole, e Dio mandò il suo Figlio non per giudicare il mondo, ma perché il mondo fosse salvato per mezzo di lui. Eppure, i peccatori incalliti si rifiutano di essere salvati. Se erano inescusabili essendosi attirati addosso la condanna per mezzo del peccato, molto più lo saranno se rifiutano di essere salvati da quella condanna. Se c'era colpevolezza nel trasgredire la legge di Dio, ci sarà molta più responsabilità nel rigettare la salvezza del Vangelo. È terribile considerare le due colpe che possono gravare su un peccatore impenitente: la violazione della legge divina e il senso ancor più opprimente di colpa che produce l'aver rifiutato il Vangelo. Ahimè, questo rifiuto attira i fulmini dell'ira di Dio e risveglia i tuoni della sua indignazione! L'amore di Dio che ha provveduto salvezza illustrerà pienamente la giustezza della dannazione di quelli che la rigettano.

 

Osservazioni conclusive

 

  • Poiché Cristo è la propiziazione per i nostri peccati, è bene avere fiducia in Lui per essere salvati.
  • Quelli che confidano in Lui non saranno mai svergognati.
  • Quelli che Lo respingono saranno perduti per tutta l'eternità.

 

 Sermone tratto dal Ford's Christian Repository & Home Circle, Volume 46, 1888, pagg. 262-268.

 

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