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Data di pubblicazione : 12/08/2013
Ah, i bei vecchi tempi!
di Wayne Warner direttore degli Assemblies of God's Archives Giusto per ricordare a tutti noi le nostre radici, voglio farvi leggere la relazione scritta in occasione del culto tenutosi all'Assemblea Generale del 1918. Aspettate, non voltate ancora pagina! Vi assicuro che questo breve articoletto è singolare e stimolante. Potreste anche decidere di leggerne una parte durante una lezione di scuola domenicale o usarlo come soggetto per un sermone: "Domenica è stata una giornata memorabile. Dal culto di preghiera del mattino all'appello evangelistico della sera, è stato un giorno trascorso nella presenza di Dio, un giorno di preghiera, di lode, di potenza; in breve, è stato un giorno veramente pentecostale. Nel culto mattutino, il fratello E. A. Barnes ci ha parlato dell'opera missionaria da lui svolta in Nicaragua. Fra breve ripartirà per quella nazione, nella quale è pronto a lavorare senza darsi tregua, finché Gesù ritornerà. Molti si sono commossi venendo a conoscenza delle molteplici difficoltà, ma anche delle vittorie, da lui incontrate in quella oscura terra apostata e idolatra. Dopo, il fratello W. E. Kerr ha esposto il messaggio pentecostale, incentrato sul fatto che la nostra testimonianza cristiana deve distinguersi. Nel pomeriggio, il fratello J. R. Buckley ha parlato sull'opera missionaria nell'Africa orientale britannica, mentre la sorella Ada Buckwalter ci ha resi partecipi della sua chiamata missionaria in Cina. Infine, il fratello A. P. Collins ha predicato sul ritorno di Gesù Cristo. Durante il sermone, il predicatore è stato spesso interrotto dal grandissimo entusiasmo dei convenuti; più volte l'intera adunanza dei santi si è alzata in piedi e, con le mani al cielo, ha glorificato il Signore". Esaminando questa relazione, sono tentato di leggere tra le righe e di chiedermi cosa contenga di importante per noi e cosa possiamo imitare, a distanza di 75 anni. Ad esempio, l'evidente consacrazione del missionario E. A. Barnes, che illustra il modo in cui parecchi missionari consideravano la loro chiamata e ciò che credevano sull'imminente ritorno di Gesù; prendendo commiato dai propri cari, dovendo partire per terre lontane, molti dicevano: "Ci vedremo in cielo", e intendevano veramente quello. Forse potreste anche sorvolare sulla frase dove dice che D. W. Kerr ha predicato sulla peculiarità della nostra testimonianza, non conoscendo il dibattito sull'evidenza iniziale conclusosi il giorno prima. Quanto all'opinione del segretario generale Stanley Frodsham, non c'è dubbio. L'espressione che egli usa per definire il messaggio di Kerr è veramente pentecostale. Ma lasciamo Barnes e il sermone di Kerr e studiamo la risposta entusiastica data dai credenti radunati in quel luogo nel 1918, nell'ascoltare Collins che predica sulla seconda venuta di Cristo. Non ho bisogno di commentare il soggetto della predica dato che, all'epoca, particolarmente a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale in Europa, il ritorno di Gesù era un tema di grande attualità. Rileggiamo piuttosto quello che Frodsham, il redattore dell'articolo, dice a proposito dei fedeli di quella calorosa assemblea e del modo in cui essi lodarono e glorificarono il Signore: "Durante il sermone, il predicatore è stato spesso interrotto dal grandissimo entusiasmo dei convenuti; più volte l'intera adunanza dei santi si è alzata in piedi e, con le mani al cielo, ha glorificato il Signore".
Quanto tempo è passato dall'ultima volta in cui avete partecipato a un culto come quello? Sembra che Frodsham abbia avuto la sensazione di trovarsi a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste. Ed ecco il mio punto. In triste contrasto con la scena descritta, oggi spesso veniamo incitati ad applaudire un musicista cristiano esibitosi in una sua performance musicale (tra l'altro, ironia della sorte, spacciata per un "ministero svolto per il Signore"!). Oppure, e questo è ancora peggio, veniamo sollecitati a battere le mani se un predicatore, nel corso del suo sermone, ha detto qualcosa che condividiamo. Se i nostri predecessori prendessero parte a uno dei nostri culti odierni, penserebbero di esser capitati per errore in un teatro o in un comizio politico (e dopo esser stati in piedi per 40 minuti a cantare cori, se ne ritornerebbero subito a Hot Springs). Non sarebbe più edificante ascoltare un'assemblea di credenti che loda Dio dopo aver ascoltato una corale cantare "Grande sei Tu", invece di applaudire? Non vi piacerebbe presenziare a un culto in cui i credenti lodano spontaneamente Dio per una particolare verità portata alla loro attenzione, invece di battere le mani? (Mi sembra di sentirvi dire: Oh, ma nella mia chiesa è così!" Bene, allora non parlo della vostra chiesa). Il tipo di lode di cui parlo non è necessariamente quella che fa schizzare l'ago dei decibel verso la zona rossa, facendo vibrare l'edificio. Alcuni tra i servizi di culto più consolanti ai quali voi e abbiamo partecipato, sono stati quelli in cui i fedeli adoravano sommessamente Dio, permettendo allo stesso tempo allo Spirito Santo di ministrare loro. E in tempi come questi - o in qualsiasi momento durante un culto - applaudire un musicista o un predicatore appare tanto inopportuno quanto lo è fare un regalo di compleanno ad un invitato qualsiasi piuttosto che all'Ospite d'onore. Ah, quei bei vecchi tempi! E' vero, non tutto ciò che appartiene al passato va bene per i nostri tempi, ma non possiamo negare che i nostri antenati spirituali stabilirono delle pratiche cristiane che vale la pena imitare. E se non riusciremo a tramandarle, i credenti della generazione futura saranno dei perdenti a causa di una nostra negligenza.
Articolo tratto e liberamente tradotto, ad opera di Ciro Izzo, dal periodico Heritage, delle Assemblies of God, vol. 12, n° 3 del 1992.
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