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Data di pubblicazione : 03/03/2014

 

PERFETTO

τέλος

(TELOS)

 

 Introduzione

Il termine deriva da una radice che significa "raggiungere l'intenzione" ed è ben illustrato dall'immagine del cannocchiale usato dai bucanieri, che veniva allungato uno stadio alla volta per ottenere una visione completa (efficacia). Ha quindi il significato di "punto massimo", " svolta decisiva", "punto critico". In generale, quando telos era usato per intendere una cosa futura, designava l'oggetto, l'obiettivo o il proposito di quella cosa, come il traguardo di una corsa, la retribuzione per un servizio, il raggiungimento di un obiettivo personale o di uno scopo etico. Quando la parola si riferiva a una cosa passata, era usata nel senso di completamento o  soddisfacimento di quella cosa. Telos talvolta appariva nella frase locuzione preposizionale eis telos, che fungeva da avverbio per intendere "completamente", "totalmente", oppure "al massimo". In questi diversi usi del termine telos, spesso la parola non designava la cessazione di qualcosa. Telos veniva spesso usato in proposizioni come quella di Romani 10:4, in cui si parla del "telos di qualcosa". In tali casi, raramente questo termine implicava la parte finale di quella cosa. Per esempio, la frase telos mythos significava il punto essenziale, l'apice, il punto cruciale di un mito o di una storia.  Telos bios (letteralmente, "fine della vita") qualche volta significava "morte", ma più spesso indicava il compimento, l' esito di una vita.

Gli scritti di Plutarco (46-120 d.C.) contengono una frase la cui struttura grammaticale ricalca esattamente quella della frase "Cristo è il termine della legge" contenuta in Romani 10:4. La frase in questione è  τέλος γὰρ ἐπιθυμίας ἡδονὴ (telos gar epitimias edonè, "il piacere è l'oggetto del desiderio",  Amatorius 750 E) 1.

Qui la parola oggetto è appunto telos. Significa che i desideri di una persona sono tesi verso l'obiettivo di provare piacere. Singolarmente, nella letteratura greca antica, quando telos era abbinato alla parola nomos (legge), significava l'oggetto, il fine o la ratifica di una legge, non la sua cessazione o l'annullamento; per esempio sempre Plutarco, nella sua raccolta di saggi Moralia (780 E), afferma che "La giustizia è il fine della legge". In altri termini, le leggi sono fatte con il proposito di conseguire la giustizia, e la giustizia, ovviamente, non abroga queste leggi.


Famiglia linguistica della radice tel-

La radice tel- ha diversi termini affini appartenenti alla stessa famiglia linguistica. Tutti condividono lo stesso significato orientativo, cioè "completamento" ma ciascuno di essi ha una connotazione che lo contraddistingue. Eccone alcuni:

La forma aggettivata telos descrive qualcosa o qualcuno che è completato, ossia è passato attraverso le necessarie fasi di sviluppo.

Il sostantivo maschile τελειωτής (teleiótēs, colui che porta a compimento) nel Nuovo Testamento compare una sola volta in Ebrei 12:2, ed è rivolto a Gesù.

La forma femminile esprime completezza in termini di progresso, descrive cioè la fase di completamento successiva a ciò che viene prima, e consolida la fase finale (ciò che viene dopo). La troviamo in Ebrei 6:1: Διὸ ἀφέντες τὸν τῆς ἀρχῆς τοῦ Χριστοῦ λόγον ἐπὶ τὴν τελειότητα φερώμεθα, μὴ πάλιν θεμέλιον καταβαλλόμενοι μετανοίας ἀπὸ νεκρῶν ἔργων καὶ πίστεως ἐπὶ θεὸν (dio aphentes ton tēs archēs tou christou logon epi tēn teleiotēta pherōmetha mē palin themelion kataballomenoi metanoias apo nekrōn ergōn kai pisteōs epi theon).

Il verbo τελειόω (teleioo, rendere perfetto, completo) si concentra sul momento terminale di qualcosa che viene portata alla sua conclusione culminante.

L'avverbio τελείως (teleios, completamente formato, valido) nel Nuovo Testamento compare una sola volta in 1 Pietro 1:13: Διὸ ἀναζωσάμενοι τὰς ὀσφύας τῆς διανοίας ὑμῶν νήφοντες τελείως ἐλπίσατε ἐπὶ τὴν φερομένην ὑμῖν χάριν ἐν ἀποκαλύψει Ἰησου Χριστοῦ (dio anazōsamenoi tas osphuas tēs dianoias umōn nēphontes teleiōs elpisate epi tēn pheromenēn umin charin en apokalupsei iēsou christou).

Il sostantivo femminile τελείωσις (teleiosis, perfezione, evento che conferma la promessa) si concentra sulla fase finale del processo di perfezionamento. Il termine si trova in Luca 1:45 e Ebrei 7:11.

Il verbo τελευτάω (teleutao, giungere alla conclusione e, figurativamente, raggiungere il proprio destino eterno) indica il passaggio al proprio stadio successivo, specie la morte fisica. Una delle occorrenze di questo verbo nel Nuovo Testamento è in Ebrei 11:22, dove viene usato per intendere l'approssimarsi della morte di Giuseppe.


Termine equivalente ebraico

La parola ebraica תָּמִים  (tamim, sano, puro, perfetto, innocente, intero, per esempio, in Levitico 22:21) non ha il significato assoluto di "senza difetto" come il nostro "perfetto". Infatti, il significato del termine è effettivamente "sano", ma nel senso di "privo di macchia o lesione". Nelle cerimonie sacrificali dell'Antico Testamento gli animali idonei a essere sacrificati erano descritti come tamim (cfr. Esodo 12:5). In altre parole, dovevano essere animali sani, non malati o con evidenti malformazioni (cfr. Malachia 1:8, 13 e Levitico 21:16-21). La parola deriva dal verbo  תָּמַם tâmam; il verbo è usato per la prima volta in Genesi 47:15, 18. In Giosuè 10:13 conserva il concetto di completezza cronologica (il sole si fermò per un giorno intero). La forma aggettivata per la prima volta è usata nei confronti di Noè, che fu giusto, integro, ai suoi tempi (si veda anche Genesi 17:1)


Telos nella filosofia greca

Nella letteratura greca classica, la parola telos aveva un ampio ventaglio di significati, tra i quali "compimento", "autorità", "risultato", "obiettivo" e "tributo". La parola Telos probabilmente è più nota come termine tecnico nella filosofia greca. A partire da Socrate (469-399 a.C.), passando per Platone (429-347 a.C.) e per Aristotele (384-322 a.C.), i filosofi si ponevano delle domande su quale fosse lo scopo ultimo dell'universo e di tutto ciò che contiene, particolarmente su quale fosse lo scopo della vita umana. Essi usavano la parola telos per indicare lo scopo ultimo di una cosa o la ragione della sua esistenza e la loro indagine su questi argomenti costituì la base per una branca della filosofia chiamata teleologia. Chiaramente questo uso filosofico del termine telos non implicava in alcun modo la cessazione. Infatti, Aristotele scrive che "telos non indica alcun tipo di cessazione, ma solamente il meglio".

Nei secoli successivi a Platone e Aristotele, le questioni teleologiche continuarono ad essere oggetto di discussione e di dibattito tra i filosofi. Riveste particolare interesse del nostro studio un'opera del filosofo giudeo Filone alessandrino (30 a.C.-45 d.C.), che visse nello stesso periodo dell'apostolo Paolo. Il termine telos appare nei suoi scritti oltre 200 volte, il che riflette il suo interesse per la teleologia. Filone usò spesso questo termine, discutendo dello scopo, dell'obiettivo, del fine, del culmine di qualcosa, specialmente dello scopo della vita. Egli descrisse il più alto proposito o telos della vita in diversi modi, tra i quali "essere pienamente resi conformi a Dio", "seguire Dio", cercare "la sapienza di Dio", "avere come scopo la gloria di Dio".

Filone vedeva la legge di Dio come mezzo per giungere allo scopo ultimo di camminare a stretto contatto con Dio. Può darsi che la cognizione che Paolo aveva della parola telos sia stata in qualche misura influenzata dagli iscritti teleologici del suo contemporaneo Filone e di altri filosofi.


Telos nella Bibbia e nella vita del credente

La parola telos viene usata circa 160 oltre nella traduzione greca dell'Antico Testamento (la versione detta dei Settanta) e compare una quarantina di volte nel Nuovo Testamento. La gamma di significati di telos in questi testi biblici riflette i diversi usi della parola che già abbiamo incontrato discutendo degli scritti greci, anche se c'è una notevole differenza nel modo in cui essa viene usata dalla Bibbia. Nei testi greci, telos spesso non viene impiegata in senso temporale, ossia solo raramente si riferisce alla conclusione di un lasso di tempo. Tuttavia, sia nella Settanta che nel Nuovo Testamento, telos in alcuni casi viene usato in senso temporale. Per esempio, in Giudici 11:39 ("Alla fine dei due mesi, tornò..."); nella Settanta telos è la parola tradotta "fine"; anche in Daniele 6:26 e 9:26 la traduzione di telos è "fine" nella locuzione preposizionale "sino alla fine" della versione italiana Nuova Riveduta.

In alcuni passi del Nuovo Testamento, telos viene usato col significato di fine di questa età, intendendo il tempo del ritorno di Cristo (Matteo 24:6, 14; 1 Pietro 4:7; 1 Corinti 1:8; 15:24). Ora, perché telos è usato in senso temporale più spesso nella Bibbia che in altri scritti greci? La risposta probabilmente sta nella visione biblica del tempo e della storia. Nella Bibbia e nel concetto giudaico cristiano, il tempo e la storia hanno degli scopi; il completamento di un periodo di tempo caratterizza l'adempimento del piano di Dio per quel periodo. Quindi gli usi in senso temporale di telos nella Bibbia solitamente hanno più a che fare con la teleologia che con la cessazione. In particolare, la fine di un'età è il punto culminante della storia, l'adempimento dello scopo della storia e l'obiettivo al quale punta la storia stessa. È un importante punto di svolta, non la sua conclusione. Ci sono alcune occorrenze della parola telos che sono state tradotte in senso temporale in alcune versioni del Nuovo Testamento, che potrebbero non avere principalmente un senso temporale.

Abbiamo già osservato come telos possa trovarsi in locuzioni preposizionali (eis telos) fungendo da avverbio con significato di "interamente", "totalmente", oppure "al massimo grado". Un classico esempio biblico si trova in 1 Tessalonicesi 2:16, dove la versione Nuova Riveduta traduce l'espressione ἡ ὀργὴ εἰς τέλος (ē orgē eis telos) con "ira finale". Ci sono anche altre frasi tradotte in questo senso, ma molte di esse devono essere interpretate, oltre al senso temporale, anche in senso qualitativo.

Per esempio, in 2 Corinti 1:13 la frase "sino alla fine" (ἕως τέλους, eōs telous) dovrebbe più opportunamente esser resa con "pienamente", come d'altronde traduce la versione inglese NIV. Un altro esempio lo troviamo in Giovanni 13:1, dove leggiamo che Gesù amò i discepoli "sino alla fine". Ora, certamente Gesù amò i suoi discepoli fino alla fine della sua vita terrena, ma è altrettanto vero che mostrò loro il suo amore al massimo e più completo grado in quel giorno di Pasqua. Altri esempi da riconsiderare sotto questo aspetto sono Matteo 10:22, 24:13, Ebrei 3:14, 6:11 e Apocalisse 2:26.

Il termine quindi indica "compiutezza", nel senso di "aver raggiunto il fine per il quale una persona o una cosa è destinata" 2. Evidenzia i risultati che tendono a un particolare compimento, al loro pieno perfezionamento. I credenti ottengono il telos ricevendo da Dio una fede ubbidiente: infatti, πίστις (pistis) e τέλος (telos) nel Nuovo Testamento sono strettamente associati, come si può notare in 1 Timoteo 1:5: τὸ δὲ τέλος τῆς παραγγελίας ἐστὶν ἀγάπη ἐκ καθαρᾶς καρδίας καὶ συνειδήσεως ἀγαθῆς καὶ πίστεως ἀνυποκρίτου (to de telos tēs parangelias estin agapē ek katharas kardias kai suneidēseōs agathēs kai pisteōs anupokritou) 3.

Il raggiungimento dell'obiettivo finale richiede innanzitutto il passaggio attraverso le indispensabili fasi di sviluppo (si ricordi l'esempio del cannocchiale del pirata che veniva man mano allungato). Telos quindi sottolinea anche il necessario processo (percorso) necessario per conseguire la realizzazione dello scopo 4. Per i credenti, telos comprende il distaccarsi dalle vecchie pratiche per tendere a quelle migliori. La vera essenza della salvezza sta sempre nel portare la verità al suo stadio successivo. Il credente è infatti in continua crescita nella giustizia (approvazione divina), avanzando ἐκ πίστεως εἰς πίστιν (ek pisteōs eis pistin, "da fede a fede"), come leggiamo in Romani 1:17.

 Questo è un coronamento (non la"cessazione"!), che guarda agli incommensurabili ed eterni effetti (risultati) del contemplare Cristo faccia a faccia, quando ritornerà. In quel tempo, il Signore premierà ciascun credente con la glorificazione (cfr. 1 Corinti 15:35-54; 2 Corinti 5:1-10; Filippesi 3:11-21) 5.

Spesso, la parola "perfetto", che così tanto viene usata in discussioni teologiche e bibliche, viene equivocata. Solitamente si tende ad usarla in un assoluto senso filosofico, dandole il significato di "senza difetto" o "senza errori" e simili. Partendo da questa premessa, è facile affermare che il comando di Gesù contenuto nel sermone sul monte, "siate dunque perfetti come il Padre vostro che è nei cieli" (Matteo 5:48), pur essendo un obiettivo lodevole, per gli esseri umani è impossibile da raggiungere.

Una cosa o una persona possono essere completi, interi o maturi, pur non essendo "senza difetti". Un bimbo di sei anni può essere maturo, anche se deve crescere ancora tanto, così come una persona può essere "santa" e avere ancora molto da imparare, quanto a maturità spirituale. E' stato ben detto che la perfezione cristiana non ha nulla a che fare con la perfezione umana, che è  irrealizzabile, ma piuttosto designa la completezza dell'esperienza cristiana, che è possibile quando la salvezza diventa una profonda realtà.

Si badi, quindi, che la perfezione richiesta al credente non è immunità dal peccato. John Wesley, una vera autorità in questo campo, disse: "credo che non sia possibile ottenere in questa vita una perfezione che sia esente dalle trasgressioni involontarie (sbagli, imprecisioni, infermità, ecc.)... "perfezione priva di peccato" è un'espressione che non uso mai, per non apparire in contraddizione con me stesso".

Concludendo, se nel Nuovo Testamento ci sono passi in cui la parola telos viene resa con perfetto, raffrontando altri punti si capisce che la perfezione richiesta dal Nuovo Testamento ha il significato di intero o relativamente completo. Nell'ottica biblica perfetto designa qualcosa che funziona come dovrebbe funzionare o anche qualcuno che si comporta giustamente: il concetto è quello di una perfezione proporzionale al corrispondente stato di progresso individuale. Si veda ad esempio Efesini 4:13, dove l'espressione allo stato di uomini fatti è la traduzione del termine telos, la stessa che, in Matteo 5:48, è tradotta perfetti 6.

 

     
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