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Data di pubblicazione : 14/04/2014


SEGRETO

סוֹד

(sodè)


Amos 3:7 presenta una delle più belle figure del rapporto confidenziale esistente tra il profeta e Dio. La conoscenza  del linguaggio figurativo che l'ebraico è in grado di offrire, arricchisce il significato del versetto. In realtà, la traduzione non fa piena giustizia alla parola סוֹד (çôwdh, sodè), solitamente resa con "segreto", in quanto non ne illustra completamente il senso.

Sodè non designa necessariamente qualcosa di nascosto o segreto, ma in senso stretto indica una cosa su cui ci si adagia. Il termine si potrebbe tradurre anche "divano" e reca l'idea di "distendersi" per conversare, un significato che non si deduce nella maggior parte delle traduzioni.

La parola deriva dalla radice verbale יָסַד (yasad), "sedere insieme, consultarsi, riunirsi" che suggerisce l'immagine di chi "si appoggia per coricarsi", come soleva fare Giovanni (Giovanni 13:23).

Il termine סוֹד (çôwdh, sodè) descrive quindi un colloquio privato (si veda l'esempio di Mosè che parlava faccia a faccia con il Signore, Es. 33:11) tra Dio e il profeta, un accomodarsi insieme, potremmo dire, come si fa tra compagni.

Esso indica un gruppo di amici intimi, il soggetto di cui essi conversano (Geremia 6:11; 15:17; 23:18,22), l'incontrarsi con piacere (Salmo 55:14), una conoscenza intima (Salmo 25:14; Proverbi 25:9).

Il concetto non è quello di una conoscenza celeste a cui solo determinate persone possono accedere, ma piuttosto quello di Dio che rivela i propri piani riservati a un suo amico.

Si pensi a due persone sedute su un divano, l'una vicino all'altra, in una tenda nel deserto, per discutere nell'intimità, senza bisogno di alzare la voce.

L'uso che il libro di Giobbe fa di questo termine è particolarmente istruttivo e illuminante, essendo probabilmente il libro ebraico più antico della Scrittura, in quanto risalente al 2000 a.C. e quindi contemporaneo di Abrahamo e dell'epoca degli spostamenti in tende e carovane.

In Giobbe 15:8 sodè viene accostato, in un parallelismo ebraico, alla parola usata per "saggezza", חָכְמָה (chokmah): "Hai forse sentito quanto si è detto nel Consiglio di Dio? Hai forse accaparrato la saggezza tutta quanta per te solo?".

In Giobbe 19:19, l'espressione "gli amici più stretti" è ancora la traduzione di sodè e Giobbe 29:4 è parte di un passo meraviglioso iniziato col verso 1 come un מָשָׁל (mâshâl), la parola ebraica per "parabola", qui tradotta con "discorso", in cui Giobbe rimpiange il tempo in cui aveva il rispetto degli anziani e sedeva tra di loro come capo, grazie alla sua sapienza (Giobbe 29:7, 21-25).

Egli riconosce che la sua sapienza scaturiva dalla presenza di Dio nella propria tenda: "Oh, fossi com'ero ai giorni della mia maturità, quando Dio vegliava amico sulla mia tenda" (Giobbe 29:4).

Giobbe definisce la presenza di Dio con lui una lampada, una luce, un luogo da cui scorrono ruscelli d'olio, ma usa la parola sodè particolarmente per descrivere l'amicizia intima di Dio che visita la sua tenda, proprio come fa con Abrahamo, in Genesi 18.  Abrahamo non avrebbe avuto quella conversazione sulle vite dei giusti presenti in Sodoma, se non fosse stato intimo amico di Dio.



 

     
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