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PASQUA

 

E' considerata la più importante delle festività religiose cristiane. Deve essere celebrata liturgicamente? Il parere della Bibbia:

Mentre è solitamente accettato che il Natale non può ritenersi come la vera data di nascita del Cristo, per la pasqua si possono produrre sostegni biblici per la sua biblicità e data.


La parola

In italiano pasqua e francese pâsques, deriva dall'antica parola ebraica p è s a c h, che significa passaggio.

Alcuni preferiscono trovare la radice della parola in un verbo ebraico che significa, dal contesto, risparmiare, salvare (Isaia 31: 5), o più spesso zoppicare (2 Samuele 4: 4).

Altri ritengono che il nome stesso della pasqua, in inglese e tedesco, sarebbe di origine anglosassone e si riferirebbe alla primavera. Beda il Venerabile, un erudito dell'ottavo secolo, asserì che l'inglese pasqua: "E a s t e r", derivava del nome della dea anglosassone della primavera E o s t r e. C'è chi ha visto un legame tra E a s t e r e la dea babilonese Astante.

Gli antichi ritenevano che in primavera il sole rinascesse dopo mesi di morte invernale. E' stato ammesso che "Alcune delle tradizioni popolari della Quaresima e della Pasqua risalgono ad antichi riti della natura: "Che dovevano" spaventare i demoni dell'inverno per farli fuggire".

Non fu difficile fare della gioia per il sorgere del sole e per il risveglio della natura primaverile, la gioia per il sorgere del sole della giustizia Gesù e la Sua resurrezione dal sepolcro.


La festa

Secondo Levitico 23: 5 la pasqua ebraica corrispondeva al capodanno: "Il primo mese, il quattordicesimo giorno ... sull'imbrunire sarà la Pasqua dell'Eterno". L'anno comune, o civile, seguiva il suo corso ordinario, quando il Signore lo interruppe per il Suo popolo. Gli insegnò, così, che doveva cominciare un'era nuova con Lui.

La storia precedente d'Israele non contava più, ormai. La redenzione doveva costituire il primo passo nella vita reale, "una nuova vita". Il tempo delle fornaci di mattoni e dell'argilla era tramontato.

La festa doveva essere celebrata in modo fedele ai dettami divini: "sarà la Pasqua in onore dell'Eterno". Bisognava riprodurre in modo possibilmente fedele quello che era storicamente avvenuto durante l'uscita dall'Egitto (Esodo 12: 1 ss). Si doveva uccidere l'agnello, spruzzare col sangue gli stipiti delle porte e mangiare il pasto con un atteggiamento da viaggiatore. Si rinnova, così, la prodigiosa liberazione della notte dell'esodo egiziano.

In epoca tardiva, comunque, l'atteggiamento di pellegrino non era più conservato. Gli agnelli erano uccisi di pomeriggio nel cortile del tempio, il sangue raccolto dai sacerdoti in vasi e versato vicino all'altare, il grasso bruciato sull'altare. Come companatico si mangiavano pani azzimi ed erbe amare. (Deuteronomio 16: 1-8).

Nel suo significato tipologico, figurativo, l'agnello pasquale offerto dagli ebrei fu collegato dall'apostolo Paolo a Gesù, l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo: "La nostra Pasqua, cioè Cristo è stata immolata".

Niente lascia evincere che bisogna celebrare la pasqua o che lo facesse la chiesa primitiva. In realtà il giorno della resurrezione fu: "nella notte del sabato, quando già albeggiava, il primo giorno della settimana" (Matteo 28:1).

La Cena, perciò, era celebrata in tale giorno. A Troas i credenti "nel primo giorno della settimana ... erano radunati per rompere il pane" (Atti 20:9), non ... per celebrare la pasqua.

Gesù aveva comandato di ricordare la Sua morte e non la Sua resurrezione.


Il significato

Si discute se il pasto nel quale Gesù istituì la Cena del Signore fu o no quello pasquale.

Gli evangelisti Matteo (26: 18 ss), Marco (14: 12 ss) lo affermano, Giovanni no (13:1 ss; 19:14 ss). Alcuni hanno suggerito che gli scrittori sacri abbiano usati due diversi calendari per diversi destinatari. Forse la soluzione è nel fatto che il giorno ebreo comincia al tramonto.

Certamente l'Ultima Cena fu comunque piena di risonanze e significati della Pasqua.

In ultima analisi le analogie tra le due feste non devono essere cercate nel rituale ma in tre elementi comuni: il concetto di liberazione, il valore del sacrificio, il carattere di memoriale.

Il concetto di liberazione.

Nella Pasqua: "quand'io vedrò il sangue passerò oltre, e non vi sarà piaga su voi per distruggervi, quando percuoterò il paese d'Egitto".

Nella Cena: "Gesù prese del pane, e fatta la benedizione, lo ruppe, e dandolo ai suoi discepoli disse: Prendete, mangiate, questo è il mio corpo. Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per la remissione dei peccati". Nel deserto l'accordo più importante era quello stabilito col patto del sangue. Era firmato o sigillato col sangue di un sacrificio.

Dio ha stabilito e scelto di preservare la speciale relazione tra sé e il Suo popolo con il Patto, con la Sua parola di promessa e con il sangue sparso. Il Nuovo Patto annulla l'Antico perché il cristianesimo non solo annulla il giudaesimo, ma è l'ultima parola di Dio agli uomini. La liberazione del Cristo è completa. Le istituzioni dell'Antica Alleanza non avevano la forza di liberare veramente gli uomini dal peccato e quindi di consentire loro l'accesso alla presenza di Dio. La Nuova Alleanza è perciò migliore e fondata su migliori promesse.

Il valore del sacrificio.

Nella Pasqua: "Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, dell'anno ... Lo serberete fino al quattordicesimo giorno di questo mese, e tutta la radunanza ... congregata, lo immolerà".

Nella Cena: "Gesù prese del pane, e fatta la benedizione, lo ruppe, a dandolo ai suoi discepoli, disse: Prendete, mangiate, questo è il mio corpo. Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per la remissione dei peccati".

L'epistola agli Ebrei spiega il concetto che Cristo fu sacrificio e sacrificatore, offerta e offerente. Gli antichi sacrifici erano ripetuti perché ombra (10: 1-4) di quello perfetto e completo di Gesù (9: 11-14). L'unico con valore espiatorio (9: 12-14), perciò non ripetibili.

Il carattere memoriale.

Nella Pasqua: "Quel giorno sarà per voi un giorno di ricordanza".

Nella Cena: "Avendo preso del pane, rese grazie e lo ruppe e lo diede loro, dicendo: Questo è il mio corpo il quale è dato per voi: fate questo in memoria di me".

Al tempo di Gesù il pasto pasquale aveva una diversa liturgia (Luca 22: 17-20). Era iniziato con una benedizione e preghiera seguita da una prima coppa di vino e un piatto d'erba e salsa. Seguiva la recitazione della storia dell'istituzione divina della Pasqua, il canto del salmo 113 e si bevevo la seconda coppa. Si faceva poi un ringraziamento a Dio e si consumava l'agnello arrostito accompagnandolo con pane azzimo ed erbe amare. Dopo un'ulteriore preghiera si bevevo la terza coppa. Infine, erano cantati i salmi 114-118 ed era bevuta la quarta coppa.

Gesù usò probabilmente la prima o la seconda delle quattro coppe di vino quando affermò che era l'ultima volta che ne bevevo prima della venuta del regno che, perciò, fu messo in relazione alla Sua morte.

Dopo ringraziò il Padre per il pane usato nel pasto. Egli spiegò che rappresentava il Suo corpo che era dato in morte vicaria, sostitutrice: "Per voi". Ordinò poi di ripetere la celebrazione in Sua memoria. Prese poi la terza coppa che raffigurava per Lui il sangue con cui stava stabilendo il Nuovo Patto. Non è chiaro se beve o no la quarta coppa o se non mangiò il pasto intero.

Gli usi

Molti riti pasquali sono certamente estranei al ricordo della vera pasqua. Le famose uova colorate, per esempio. Le uova erano considerate simbolo di fertilità e vita. I persiani ne regalavano nell'equinozio di primavera. Anche egiziani, greci e romani ne coloravano e mangiavano nelle festività primaverili.

Il falò pasquale, poi, era vietato come pagano fino al sinodo di Magonza (742 d. C.). Patrizio, evangelizzatore dell'Irlanda, tollerò che fosse introdotto in quella nazione come sostituto dei falò dei druidici pagani a primavera. Il fuoco divenne così simbolo di Cristo. Ancora oggi è acceso con una pietra focaia alla vigilia della Pasqua.

Anche la lepre scelta come simbolo tradizionale della Pasqua è un uso pagano. Una nota enciclopedica dice che era il simbolo della fertilità nell'antico Egitto. E' sbagliata, perciò, l'idea che le uova pasquali siano portate dal coniglio (stretto parente della lepre e simbolo scelto nel Nord America).

Il vecchio uso di mangiare prosciutto a pasqua è invece un residuo di vecchi pregiudizi inglesi. Pare che questo popolo avesse l'abitudine di mangiare pancetta affumicata per disprezzo degli ebrei che non consumano carne di maiale. E' stato detto che Guglielmo il Conquistatore sostituì la pancetta col prosciutto perché più di suo gusto.

Da questi accenni sugli usi pasquali si deduce che spesso la celebrazione della Pasqua poco ha a che fare con il ricordo, pur importante, di quella resurrezione di cui è detto: "E se Cristo non è risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione, e vana è pure la nostra fede".

Spesso la cristianità nominale commette l'errore degli ebrei col vitello d'oro. Ritiene "una festa in onore dell'Eterno" (Esodo 32:5) un uso invece pagano. Non basta usare il sacro per santificare qualcosa. Il profeta Aggeo rispose negativamente alla domanda: "Se uno porta nel lembo della sua veste della carne consacrata, e con quel suo lembo tocca pane...vivanda cotta...vino...olio, o qualsivoglia altro cibo, quelle cose diventeranno esse condannate?" (2: 12).

Certamente la resurrezione va ricordata quotidianamente presentando se stessi "come morti fatti vivendi" e offrendosi per fede al Signore risorto. Si crede, così, che come il Signor Gesù sia morto e risorto anche il credente lo è dal peccato a una vita nuova.

 


 

     
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