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Parte quarta La stanza dell’agnello
Il tamid giornaliero era stato macellato: i sacerdoti si resero conto di averlo fatto mentre in realtà era ancora notte, e il sacrificio non fu valido. Dopo aver quindi ben assodato il tempo giusto per l’offerta del tamid quotidiano e che le porte del santuario erano aperte, il responsabile ordinava ai sacerdoti incaricati: “Portate l’agnello dalla stanza degli agnelli!". In questo locale del Tempio venivano custoditi gli agnelli sacrificali; vi stazionavano sempre almeno 6 animali precedentemente controllati e di cui era stata certificata la purezza rituale. Era obbligatorio controllare ciascun animale quattro giorni prima di sacrificarlo. Tuttavia, anche se l’agnello designato per il sacrificio era già stato esaminato, siccome la Legge era tassativa riguardo l’offerta di sacrifici difettosi, dopo che era stato prelevato dal magazzino, esso veniva ispezionato ancora una volta dal portatore della torcia, per eliminare del tutto il rischio di rendere nullo il sacrificio. L’agnello veniva poi abbeverato, perché ciò ne avrebbe reso più facile lo scuoiamento. Anche questa operazione, come tutto ciò che si faceva nel Tempio, veniva fatta col massimo decoro.
Nel frattempo, altre attività erano svolte da chi era stato scelto dal secondo sorteggio.
Nello stesso tempo, il sacerdote a cui era stato assegnato il compito successivo entrava anch’egli nel Santuario e si avvicinava al menorah, posizionato a sud del luogo santo (Es. 25:31-40).
Secondo l’esegesi biblica dei rabbini ebrei, il sacerdote non doveva accomodare le sette lampade tutte insieme, ma dividere il compito in due fasi, una da cinque e una da due lampade. Entrando nel santuario, se notava che le due lampade a oriente, cioè quelle sul lato destro, ardevano ancora, si dedicava alle altre cinque, ripulendole dalla cenere, riempiendole nuovamente di olio e sostituendo gli stoppini. I residui dell’operazione venivano versati nel contenitore dorato. Quanto alle cinque luci centrali, se ardevano ancora dal giorno precedente, l’officiante le spegneva lo stesso, ne sostituiva gli stoppini aggiungendovi dell’olio fresco e le riaccendeva. Quando il sangue del sacrificio quotidiano veniva sparso sull’altare (o. secondo altri, dopo che era stato offerto l’incenso), il sacerdote ritornava al Santuario per dedicarsi a compiere il medesimo lavoro di pulizia sulle altre due lampade. Una delle fiamme del menorah ardeva perennemente. La “fiamma a occidente” non doveva mai spegnersi, perché le altre venivano accese col suo fuoco (Lev. 24:2-3). Era la seconda dal lato destro. Si narra che sia rimasta ininterrottamente accesa fino alla morte del Sommo Sacerdote Simeone il Giusto (2). Nel frattempo, nel cortile dei Sacerdoti, il tamid veniva appeso ai ganci, spellato, macellato secondo regole minuziose (3), pulito e passato ai sei sacerdoti che dovevano portarne le parti su per la rampa all'altare, dove venivano salate.
In totale il sorteggio del secondo giorno designava 13 sacerdoti. A questo punto, la squadra sacerdotale era pronta per agire. Dopo aver ottemperato ai propri doveri, i sacerdoti ritornavano nella stanza della pietra levigata per recitare le loro preghiere mattutine. Ritornando nella stanza, il responsabile del sorteggio avvertiva i sacerdoti che era il momento della preghiera “Ascolta, o Israele”, insieme alla relativa benedizione e alla ripetizione dei dieci comandamenti, la massima espressione della Torah: “Tu, o Signore, ci hai amato di un amore eterno; con grande e smisurata benevolenza hai compassione di noi, nostro Padre e nostro Re, per amore dei nostri padri che confidarono in Te e Tu insegnasti loro i Tuoi statuti di vita. Perciò, o Padre misericordiosissimo, mostra anche a noi la Tua grazia e abbi pietà di noi, Tu che sei pietoso”, ecc. (4) Poi i sacerdoti levavano in alto le mani e impartivano la “benedizione sacerdotale” sul popolo radunato nel Tempio (5). Il sabato veniva aggiunta una benedizione supplementare, durante la quale i sacerdoti uscenti si avvicendavano con quelli entranti, dicendosi: “Possa Colui che fa abitare il suo Nome in questa Casa, far si che l’amore, la fratellanza, la pace e l’amicizia abitino tra voi”.
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