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Parte quinta

Il terzo sorteggio

L'offerta dell'incenso

Era un sorteggio speciale: decideva chi avrebbe dovuto celebrare l'offerta dell'incenso (Es. 30:34) che, secondo la tradizione giudaica, era il servizio che Dio gradiva di più. L'incenso offerto nel Tempio era composto di undici ingredienti diversi, ma la Bibbia ne nomina solo quattro. Il nome delle altre sette spezie ci è stato trasmesso dalla Tradizione Orale. Il metodo per preparare lo speciale incenso (קְטֹרֶת,qetoreth ) era un segreto gelosamente custodito e tramandato di generazione in generazione da una famiglia particolare, la 

La stanza degli Avtinasfamiglia Avtinas (1), delegata dal Sinedrio alla preparazione dell'incenso, della cui produzione era esclusivamente  responsabile, nella stanza del Tempio che prendeva il nome dalla famiglia. Una veniva premiato da Dio, diventando ricco e pieno di benedizione celeste (cfr. Deut. 33:10-11). Così, per dare a tutti i sacerdoti un'opportunità di godere almeno una volta questa benedizione divina e perché tale favore non diventasse monopolio di una sola persona, era stabilito che, diversamente dagli altri servizi nel Tempio, ogni sacerdote poteva celebrare l'offerta dell'incenso solo una volta nella sua vita. Il responsabile del sorteggio gridava: "Soltanto i nuovi! Tutti quelli che non hanno ancora offerto l'incenso si facciano avanti per tirare le sorti!". Questo ci fa rilevare quanto alto fosse il numero di sacerdoti ammessi al servizio nel Tempio: in tanti secoli, la sorte non è mai toccata allo stesso sacerdote più di una volta!

Il quarto sorteggio quotidiano era aperto a tutti. L'incaricato del sorteggio gridava: "Sia nuovi che veterani! Possono accostarsi tutti per tirare le sorti!".

i sacrifici venivano consumati dal fuoco dell'altareQui si stabiliva chi dovesse portare le parti del sacrificio dalla rampa dell'altare fino alla cima, dove i sacrifici venivano consumati dal fuoco dell'altare. In realtà, i sei sacerdoti scelti dal secondo sorteggio (vedi parte quarta) depositavano i pezzi dell'animale sulla parte bassa della rampa, dal lato orientale. Il sacerdote designato dalla quarta estrazione prendeva materialmente le parti e le portava fino al fuoco dell'altare, versandovi sopra anche le libagioni. I sacerdoti giunti di buon mattino per partecipare ai sorteggi erano tutti già bardati con gli abiti sacerdotali e quindi potevano immediatamente eseguire il compito per cui erano stati estratti a sorte. Al termine dell'ultima estrazione, tutti quelli che non erano stati sorteggiati si toglievano le vesti cerimoniali e le consegnavano al responsabile degli indumenti che le conservava. I sacerdoti si toglievano i vestiti consacrati lasciandosi le brache, sulle quali indossavano i vestiti ordinari, dopodiché si toglievano anche i pantaloni dal di sotto, sostituendoli con le brache di tutti i giorni. In questo modo le loro parti intime non venivano mai mostrate. I vestimenti sacri erano riposti in delle specie di finestre con funzione di guardaroba, destinate al vestiario dei membri di ciascun turno. C'era il ripostiglio per le "brache", quello per i  "copricapi" e via di seguito, quindi tutto veniva ben sistemato. Il sacerdote che aveva ricevuto dalla sorte il compito di offrire l'incenso, prendeva gli utensili speciali del servizio dell'incenso, cioè un grande cucchiaio dorato che conteneva 3 kavim e un vaso più piccolo, pieno di incenso fino all'orlo e messo in un vaso più grande, per impedirne la fuoriuscita.

Questo era anche il turno di chi aveva ricevuto il compito della "paletta", con la quale portava una quantità di carboni sull'altare interno dentro al Santuario, per far bruciare l'incenso. I due sacerdoti, quelli che offriva l'incenso e quello che portava la paletta, si dirigevano poi verso il Santuario. Prima di arrivare lì, fra la sala e l'altare, uno di loro prendeva un attrezzo chiamato magrepha, (un arnese a forma di rastrello, usato per ammucchiare le ceneri e toglierle dall'altare, o forse un tipo di strumento musicale) e lo gettava a terra! Secondo la Mishna (Tamid, 5,6), "il suono prodotto dalla magrepha caduta a terra era così assordante che, in quel momento, nell'intera città di Gerusalemme, nessuno riusciva a sentire il proprio amico che parlava!".

Gettare la magrepha a terra era il segnale che serviva a tre scopi:

1.     Quando i sacerdoti che erano fuori al cortile sentivano il rumore, sapevano che i loro colleghi all'interno stavano per inginocchiarsi davanti alla presenza di Dio, e quindi anche loro si affettavano a fare la stessa cosa.

2.     Quando lo udivano i leviti, sapevano che il coro dei leviti stava per entrare nel cortile e sistemarsi sulla spianata, per cominciare il servizio del canto quotidiano, e quindi correvano anche loro a unirsi ai compagni.

3.     Infine, quando lo sentiva il capo dell'Assemblea (2), separava i sacerdoti diventati impuri e li faceva stare tutti insieme nella Porta Orientale, in modo che tutti vedessero che i sacerdoti impuri non stavano servendo nel Tempio e nessuno sospettava che avessero avuto qualche altra ragione per non partecipare al servizio.

A questo punto, i due sacerdoti salivano i dodici gradini che portavano all'edificio del Santuario, preceduti da altri due sacerdoti, quello che aveva tolto le ceneri dall'altare interno dell'incenso e quello che aveva ripulito il menorah. Entrava prima quello che rimuoveva le ceneri. Usando i bordi della paletta, stendeva uniformemente i carboni sull'altare, in modo che l'incenso bruciasse meglio. si prostrava e usciva, avendo concluso il suo compito.Poi prendeva il contenitore lasciato precedentemente lì, si prostrava e usciva, avendo concluso il suo compito. Seguiva l'altro sacerdote, quello addetto al menorah: egli entrava e se trovava le due candele più a oriente ancora accese, spegneva la fiamma più esterna, per riempirla d'olio e sostituirne gli stoppini, poi la riaccendeva. Non spegneva invece la fiamma "a occidente", la seconda dall'estremità, che alimentava il "fuoco perpetuo". Se trovava spenta la candela a occidente, ne puliva la lampada riempiendo anche questa di olio e sostituendone lo stoppino, e la riaccendeva. Dopo prendeva il contenitore, lasciato in precedenza sul secondo gradino, con gli scarti del menorah, si prostrava e si allontanava dal Santuario. Dopo il sacerdote che aveva compiuto il servizio dell'incenso entrava nel Santuario, insieme a un collega che lo avrebbe assistito. Toglieva il vaso piccolo pieno d'incenso e lo consegnava al compagno, il quale metteva un po' d'incenso nelle palme del sacerdote. Come abbiamo detto prima, questo compito veniva fatto una sola volta nella vita di ciascun sacerdote, perciò l'officiante non aveva precedenti esperienze. Prima di entrare, veniva avvisato di essere molto prudente quando versava l'incenso sui carboni ardenti. Se lo avesse cosparso troppo vicino al lato dove si trovava, ne sarebbe stato bruciato. Gli veniva quindi consigliato di spargerlo partendo dall'orlo esterno dell'altare, verso il centro.

uscivano dal Santuario e rimanevano sui dodici gradiniDopo che i sacerdoti avevano concluso i loro sacri servizi all'interno del Santuario, si erano prostrati e si erano allontanati, uscivano dal Santuario e rimanevano sui dodici gradini che scendevano verso lo spazio davanti all'altare. Quelli che avevano svolto il servizio delle ceneri, degli stoppini del menorah, della paletta e dell'incenso, si mettevano alla destra dei loro compagni (quelli che avevano portato le parti dell'agnello sacrificale in cima all'altare). Ciascuno teneva in mano l'utensile che aveva usato durante il rispettivo servizio: il contenitore d'oro, per le ceneri e gli stoppini usati, la paletta e gli attrezzi per l'incenso. Poi deponevano a terra gli utensili, stando di fronte all'assemblea e, girandosi verso il popolo radunato nel cortile, distendevano le mani e recitavano la Benedizione Sacerdotale: "Il Signore ti benedica e ti protegga!  Il Signore faccia risplendere il suo volto su di te e ti sia propizio!  Il Signore rivolga verso di te il suo volto e ti dia la pace! Così metteranno il mio nome sui figli d'Israele e io li benedirò" (Num. 6:24-27).

Continua…

     
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